“La sinodalità non è uniformità, è camminare insieme nelle nostre rispettive culture”. A precisarlo è stato mons. Tarcisio Isao Kikuchi, arcivescovo di Tokyo, durante il briefing odierno sul Sinodo, in corso in Aula Paolo VI fino al 29 ottobre. “Quando siamo a Roma parliamo usando una terminologia universale, ma dobbiamo ricordarci che una soluzione non necessariamente va bene per tutti”, ha sottolineato il presule, precisando che in Asia la sinodalità è una pratica già esercitata: “In Asia abbiamo moltissime lingue diverse, non possiamo utilizzare un’unica soluzione per camminare insieme: ci aspettiamo che le comunità locali siano rispettate, quando si parla di sinodalità nella Chiesa cattolica”. A descrivere la sinodalità sperimentate in Africa, in una parrocchia rurale, nei primi anni da suora, è stata suora Mary Teresa Barron, presidente dell’Unione internazionale delle superiore generali (Uisg): “Il mio ruolo era quello di accompagnare i gruppi di giovani e di donne nella parrocchia: ho vissuto un’esperienza sinodale prendevano le decisioni insieme con i laici. Tante persone hanno deciso di abbracciare la fede da adulti per poi diventare missionari in modo consapevole”. “L’esperienza che sto vivendo qui al Sinodo mi riporta all’Africa orientale”, ha rivelato suor Barron: “Ci ritrovavamo ogni domenica in una capanna di fango, in seduti in circolo per condividere la nostra fede e chiederci come vivere la fede nella comunità per poi agire di conseguenza. Molte persone non avevano istruzione, condividevamo la fede nel profondo del cuore e decidevamo insieme, ogni voce aveva lo stesso peso. Questo ho vissuto nei Circoli Minori: non importa chi ci sia nei tavoli, il nostro amore per Cristo ci ha chiamato a fare questa esperienza di Chiesa. “Dobbiamo ascoltare di più chiese più giovani, emergenti, che hanno ancora la partecipazione alla base della vita della Chiesa”.