“Essere cristiani oggi significa, come ci ha insegnato Bartolo Longo, contemplare il volto di Cristo e farlo con gli occhi della Madre. Questo è il senso del Rosario. Contempliamo i sentimenti di Cristo che si manifestano nella vita e nei suoi misteri per poter comprendere la nostra vita e il mistero della nostra vocazione. Noi possiamo, attraverso il volto di Cristo, riconoscere i tratti del volto autentico dell’uomo”. Lo ha detto, ieri, mons. Giuseppe Baturi, arcivescovo di Cagliari e segretario generale della Cei, nell’omelia che ha preceduto la supplica alla Beata Vergine del Santo Rosario, a Pompei. “Lo sguardo, amoroso e appassionato, a Gesù morto e risorto – che sempre ci viene incontro come amico e fratello in tutte le circostanze della vita, in tutti i travagli storici come quelli attraversati da Bartolo Longo e che continuano ad affliggerci – ci apre alla conoscenza della verità del mondo e della storia – ha proseguito –. Dobbiamo riconoscere però che tante volte i nostri occhi sono rivolti altrove, su qualche misero progetto, su qualche ambizione, in una sorta di auto-contemplazione narcisistica”. L’arcivescovo ha osservato: “Quanta cattiveria, quanta violenza nel mondo, nei Paesi segnati dalla guerra, ma anche nella nostra quotidianità. Quanta violenza ha riguardato i più giovani, a volte gli ambiti più intimi, quelli affettivi, quelli familiari? È come se ci fosse un’incapacità ad amare, ad accogliere l’altro, a rispettare l’altro. Facciamo fatica ad amare. Vien voglia di chiedersi: dove andiamo? Chi ci aiuterà a costruire una vita nuova? Chi ci aiuterà ad avere questi sentimenti nuovi di Cristo? Ecco, la risposta non può che essere accolta come Maria sotto la croce, guardando il crocifisso: il segreto della vita nuova che Cristo ci trasmette in questo misterioso ‘svuotarsi di se stesso’, che ha scelto e incarnato fino alla morte”. Per mons. Baturi, “il paradosso cristiano è che per avere i sentimenti di Cristo anche noi dobbiamo lasciarci espropriare, lasciare che la nostra vita sia svuotata di noi stessi perché la vita e il cuore possano essere dilatati dall’amore di Cristo”.
Il segretario generale della Cei ha spiegato: “Un cuore svuotato di sé è un cuore dilatato, pronto ad accogliere ogni fratello, a riconoscere ogni uomo come fratello. Non è forse questa dilatazione che ci rende una cosa sola con altri con uno stesso sentire nella carità, come ci ha insegnato san Paolo, la più radicale contestazione della guerra? I conflitti, tra nazioni o tra uomini, in famiglia o nelle nostre città, nascono sempre dall’idolatria di se stessi, del ‘mio’ contrapposto al ‘tuo’, dei ‘nostri’ contrapposto ai ‘loro’. Quando uno assolutizza se stesso, il proprio punto di vista e il proprio interesse spiega e piega la realtà e gli altri ai propri disegni. Ed è guerra, inevitabilmente violenza, si rompe la tensione all’armonia e all’unità”. E ha continuato: “La Madre ci aiuta a comprenderci invece come parte di un tutto, parte di un ‘noi’: non più il ‘mio’ contrapposto al ‘tuo’, ma la verità di ciascuno è salvata dal Padre. E chi cerca Dio, cerca il bene che è in ciascuno e, per questo, può valorizzare il bene che è in ogni uomo, accoglierlo come parte del proprio destino. L’altro non è nemico né estraneo, ma è parte della vocazione verso cui ognuno cammina”.