Papa Francesco: risposte ai cinque “dubia” dei cardinali, “pentimento è necessario per l’assoluzione”, ma “il confessionale non è una dogana”

Papa Francesco ha risposto a 5 dubia che gli avevano fatto pervenire nel luglio scorso i cardinali Walter Brandmüller e Raymond Leo Burke con l’appoggio di altri tre cardinali, Juan Sandoval Íñiguez, Robert Sarah e Joseph Zen Ze-kiun, su alcune questioni relative alla interpretazione della Divina Rivelazione, sulla benedizione delle unioni con persone dello stesso sesso, sulla sinodalità come dimensione costitutiva della Chiesa, sulla ordinazione sacerdotale delle donne e sul pentimento come condizione necessaria per l’assoluzione sacramentale. Le domande dei porporati, in italiano, e le risposte del Papa, in spagnolo, sono state pubblicate oggi sul sito del Dicastero per la dottrina della fede. “Il pentimento è necessario per la validità dell’assoluzione sacramentale e implica l’intenzione di non peccare”, la risposta del Papa al quinto “dubium”: “Ma qui non c’è matematica e devo ricordare ancora una volta che il confessionale non è una dogana. Non siamo padroni, ma umili amministratori dei sacramenti che nutrono i fedeli, perché questi doni del Signore, più che reliquie da custodire, sono aiuti dello Spirito Santo per la vita delle persone”. “Ci sono molti modi di esprimere il pentimento”, argomenta Francesco: “Spesso, nelle persone che hanno l’autostima molto ferita, dichiararsi colpevoli è una tortura crudele, ma il solo atto di avvicinarsi alla confessione è un’espressione simbolica di pentimento e di ricerca dell’aiuto divino”. “A volte ci costa molto dare spazio nella pastorale all’amore incondizionato di Dio – rileva il Papa sulla scorta dell’Amoris Laetitia – ma si deve imparare. Seguendo san Giovanni Paolo II, sostengo che non dobbiamo richiedere ai fedeli propositi di correzione troppo precisi e sicuri, che alla fine finiscono per essere astratti o addirittura narcisisti, ma anche la prevedibilità di una nuova caduta non pregiudica l’autenticità del proposito”. Infine, per Francesco “deve essere chiaro che tutte le condizioni che di solito si pongono nella confessione generalmente non sono applicabili quando la persona si trova in una situazione di agonia o con le sue capacità mentali e psichiche molto limitate”.

 

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