I cardinali Brandmüller, Burke, Sandoval Íñiguez, Sarah e Zen Ze-kiun hanno presentato al Papa 5 domande con la richiesta di un chiarimento su alcune questioni relative alla interpretazione della Divina Rivelazione, sulla benedizione delle unioni con persone dello stesso sesso, sulla sinodalità come dimensione costitutiva della Chiesa, sulla ordinazione sacerdotale delle donne e sul pentimento come condizione necessaria per l’assoluzione sacramentale. Il Papa, tramite il sito del Dicastero per la dottrina della fede, ha risposto ai 5 “dubia” pervenutagli nel luglio scorso. Riguardo al primo “dubium”, relativo all’affermazione che si debba reinterpretare la Divina Rivelazione in base ai cambiamenti culturali e antropologici in voga, il Papa spiega: “La risposta dipende dal significato che attribuite alla parola ‘reinterpretare’. Se è intesa come ‘interpretare meglio’, l’espressione è valida. In questo senso, il Concilio Vaticano II affermò che è necessario che, con il lavoro degli esegeti – e aggiungo, dei teologi –, ‘maturi il giudizio della Chiesa’ (Concilio Ecumenico Vaticano II, Costituzione dogmatica Dei Verbum, 12). Pertanto, se è vero che la Divina Rivelazione è immutabile e sempre vincolante, la Chiesa deve essere umile e riconoscere di non esaurire mai la sua insondabile ricchezza e di avere bisogno di crescere nella sua comprensione. Di conseguenza, cresce anche nella comprensione di ciò che essa stessa ha affermato nel suo Magistero”. “I cambiamenti culturali e le nuove sfide della storia non modificano la Rivelazione, ma possono stimolarci a esprimere meglio alcuni aspetti della sua traboccante ricchezza che offre sempre di più”, argomenta Francesco, secondo il quale “è inevitabile che ciò possa portare a una migliore espressione di alcune affermazioni passate del Magistero, ed è infatti successo così lungo la storia”. “È vero che il Magistero non è superiore alla Parola di Dio, ma è anche vero che sia i testi delle Scritture che le testimonianze della Tradizione necessitano di un’interpretazione che permetta di distinguere la loro sostanza perenne dai condizionamenti culturali”. Tra gli esempi, il Papa cita alcuni testi biblici e alcuni interventi magisteriali che tolleravano la schiavitù, che visto il loro “intimo legame con la verità perenne della dignità inalienabile della persona umana hanno bisogno di un’interpretazione”. Lo stesso vale per alcune considerazioni del Nuovo Testamento sulle donne (1 Corinzi 11, 3-10; 1 Timoteo 2, 11-14) e “per altri testi delle Scritture e testimonianze della Tradizione che oggi non possono essere ripetuti così come sono”. “Ciò che non può cambiare è ciò che è stato rivelato per la salvezza di tutti”, come si legge nella Dei Verbum: per questo la Chiesa “deve discernere costantemente ciò che è essenziale per la salvezza e ciò che è secondario o è meno direttamente connesso a questo obiettivo”. A questo proposito, il Papa cita San Tommaso d’Aquino: “Quanto più si scende ai particolari, tanto più aumenta l’indeterminatezza”. Infine, “una sola formulazione di una verità non potrà mai essere adeguatamente compresa se viene presentata solitaria, isolata dal ricco e armonioso contesto dell’intera Rivelazione”: la “gerarchia delle verità” implica, infatti, “anche collocare ciascuna di esse in adeguata connessione con le verità più centrali e con l’insieme dell’insegnamento della Chiesa. Ciò può infine portare a diversi modi di esporre la stessa dottrina”, anche se “a quanti sognano una dottrina monolitica difesa da tutti senza sfumature, ciò può sembrare un’imperfetta dispersione. Ma la realtà è che tale varietà aiuta a manifestare e a sviluppare meglio i diversi aspetti dell’inesauribile ricchezza del Vangelo”, come si legge nell’Evangelii gaudium: “Ogni corrente teologica ha i suoi rischi, ma anche le sue opportunità”.