“La tendenza omosessuale come tale non è un peccato, ma è da considerare un peccato se le persone entrano in un rapporto sessuale tra di loro. Ma questo vale non solo per gli omosessuali: per ognuno è un peccato il rapporto sessuale fuori dal matrimonio. Tutti siamo chiamati alla castità, il Catechismo della Chiesa cattolica è molto chiaro”. Così mons. Zbigņevs Stankevičs, arcivescovo di Riga (Lettonia), ha risposto alle domande dei giornalisti sul tema della benedizione delle coppie gay, nel briefing odierno in sala stampa vaticana sul Sinodo sulla sinodalità. “Se arriva un omosessuale come persona individuale, dicendo che vorrebbe vivere nella grazia di Dio, non vedo alcuna controindicazione nel pregare per lui e aiutarlo con una benedizione. Se arrivano due persone omosessuali che dicono di voler vivere nella castità, si può pregare per loro e anche benedirli per aiutarli a vivere in castità. Ma se vengono due persone omosessuali dicendo di convivere come marito e moglie, è un problema: così benediciamo chi vive nel peccato”. “Come dice il Papa, nella Chiesa c’è posto per tutti: la Chiesa non rifiuta nessuno”, ha osservato il vescovo: “Parlando con un omosessuale in Lettonia – ha raccontato – gli ho detto il mio dispiacere per il fatto che la Chiesa nei secoli scorsi trattava gli omosessuali come una matrigna, non come una madre: la Chiesa è madre per tutti, perché tutti siamo peccatori”. “Dobbiamo accogliere queste persone, non giudicarle, rispettare la loro dignità umana e non discriminarli ingiustamente”, ha detto Stankevičs: “Li accogliamo con amore, con rispetto, ma il vero amore non è separabile dalla verità, perché se è separato dalla verità non è più amore vero, diventa permissivismo. Ci vuole una nuova sensibilità, un nuovo approccio in confronto a ciò che è stato prima”. Anche mons. Pablo Virgilio S. David, vescovo di Kalookan (Filippine), ha stigmatizzato “la tendenza a giudicare le persone omosessuali: nelle Filippine c’è una stessa parola per uomo e donna, siamo tutti figli di Dio. Occorre abbandonare la tendenza a discriminare le persone per il proprio orientamento sessuale”. Al briefing di oggi ha partecipato anche Wyatt Olivas, testimone del processo sinodale in America del Nord, che con i suoi 19 anni è il più giovane partecipante al Sinodo, da lui definito “molto emozionante, una straordinaria esperienza di ascolto di persone provenienti da ogni parte del mondo”.