“Con il cuore pesante sono giunto alla conclusione che gli svantaggi di cure cosi invasive non giustificano i benefici di queste stesse cure”. Così il giudice dell’Alta Corte britannica, Justice Peel, ha deciso che è “nel migliore interesse” di Indi Gregory, una neonata di sette mesi, affetta da una malattia rara del Dna mitocondriale, staccare i supporti vitali che mantengono in vita la bambina. Indi si trova all’ospedale Queen’s Medical di Nottingham dove i medici vogliono da settimane spegnere il respiratore artificiale. È stato proprio l’ospedale a ricorrere ai giudici perché i genitori della bambina, Dean Gregory, 37 anni, e Claire Staniforth, 35, sostengono che la piccola risponde agli stimoli, piange, muove braccia e gambe e ha diritto di vivere. “Siamo devastati dalla sentenza del giudice e ricorreremo in appello”, ha dichiarato il papà di Indi: “Indi ha diritto di avere più tempo e più cure dal Servizio sanitario britannico che, in questo momento, sta cercando di interrompere la sua vita prima possibile. Nostra figlia può sperimentare felicità. Piange come ogni neonata e ha diritto ad avere una possibilità di vivere. Ci batteremo fino in fondo perché possa sopravvivere”. Il caso della bambina ricorda quello di Archie Battersbee, Alfie Evans e Charlie Gard, piccoli molto malati che i genitori volevano trasportare all’estero per cure sperimentali ma per i quali giudici e medici hanno deciso l’interruzione dei supporti vitali.