Agevolare la formazione degli infermieri che lavorano nel privato e nel terzo settore e garantire loro un numero adeguato di ore e di risorse per consentire l’acquisizione dei crediti Ecm, necessari per il corretto esercizio intellettuale della professione. La Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche (Fnopi), che in Italia rappresenta anche tutti i professionisti in servizio nel privato e nel terzo settore, punta il faro sui contratti che regolano il lavoro in questo ambito, chiedendo alle parti datoriali di attivazione strumenti contrattuali idonei a garantire il diritto alla formazione continua degli infermieri, così come accade per il pubblico impiego.
In Italia, il Ssn può contare su 280mila infermieri e infermieri pediatrici; 45mila sono invece i liberi professionisti con partiva iva; almeno 65mila i professionisti dipendenti che assicurano quotidianamente l’assistenza in strutture private pure, nel privato accreditato, Rsa, case di cura, Fondazioni, ospedali classificazione, enti di ricerca. “Per tutti loro, al momento, sono in vigore forme di contratto diversificate e non sempre rispettose del diritto allo studio e alla formazione del lavoratore, che quindi rischiano di ledere la dignità professionale e non valorizzare adeguatamente le competenze”, dichiara la Fnopi
Tutti gli infermieri, oltre a poter proseguire il proprio percorso universitario anche dopo la laurea triennale abilitante, sono tenuti, per legge, a seguire con profitto corsi Ecm (in presenza o a distanza), fino al conseguimento della soglia prevista dall’ordinamento vigente per ogni triennio formativo. “Con questo spirito abbiamo chiesto ai nostri Ordini di incentivare la formazione e parimenti chiediamo un impegno in tal senso anche da parte dei datori di lavoro del settore privato, affinché l’offerta formativa non vada poi deserta o, peggio, delusa”, conclude la Fnopi.