Diocesi: mons. Brambilla (Novara), “in 50 anni nella conchiglia dell’Isola San Giulio è cresciuta una perla nascosta”

“Durante cinquant’anni, in questo luogo incantato, è cresciuta, nella conchiglia dell’Isola San Giulio, una perla nascosta, che cercherò di farvi scoprire, prima con una foto panoramica (di grande valore); poi facendovi entrare nel cuore del monastero per ascoltare la lode gioiosa e la preghiera unanime (perseveranti e concordi), e poi attraverseremo i corridoi, le celle, gli scorci del monastero, per sentire l’atmosfera della carità (rivestitevi di sentimenti)”. Lo ha affermato il vescovo di Novara, mons. Franco Giulio Brambilla, che oggi ha presieduto nella basilica dell’Isola di San Giulio una solenne celebrazione eucaristica per ricordare i 50 anni di fondazione del monastero benedettino Mater Ecclesiae.
Il presule ha rivelato che “molte volte guardando le foto dell’Isola mi aveva assalito un pensiero che mi tormentava e che quasi ogni volta tiravo fuori il giorno di san Giulio parlando ai sindaci: che cosa sarebbe stata l’Isola san Giulio senza il Monastero benedettino? Scherzando mi dicevo: magari una Spa o un insediamento di lusso per stranieri. Più di una volta ho sentito il brivido e ho pensato alla lungimiranza di mons. Aldo del Monte e al coraggio del tutto femminile di madre Anna Maria Canopi. L’uno per aver pensato a quel drappello di suore (cinque in tutto e un’aspirante a cui avevano dato appuntamento ad Orta). L’altra, la madre, perché era sciamata dall’abbazia di Viboldone, sita a san Giuliano Milanese, per tentare l’avventura su un’isola abbandonata”. “Dobbiamo oggi riconoscere – ha proseguito – che essi hanno visto la perla preziosa ‘di grande valore’ con uno sguardo di fede e con un coraggio da leoni, così che alla fine però il sogno è stato intravisto da mons. Del Monte e la scelta è stata compiuta col cuore ardito da madre Canopi”. Per il vescovo “è facile osservare come il monastero si sia allargato con la crescita della comunità, abbia pian piano per così dire addomesticato l’isola, riproponendo il gesto fondatore di san Giulio che, con il fratello Giuliano, è ricordato come il costruttore delle cento chiese. Arrivato sull’isola, san Giulio l’ha liberata dai serpenti che la infestavano e dalla selva che la opprimeva e l’ha trasformata in giardino. Così le nostre monache, con un lavoro certosino, hanno restituito al Cusio la sua perla preziosa che il mondo ci invidia”. Riguardo poi ai termini “perseveranti e concordi” (nella preghiera), mons. Brambilla ha osservato che “calzano a pennello con la vita monastica”. Dopo aver ricordato la lista dei restauri dei manufatti e l’ospitalità spirituale di cui sono state capaci le monache in questi cinquant’anni, il vescovo ha concluso richiamando l’incipit del brano della lettera ai Colossesi – “rivestitevi di sentimenti…” – che, ha spiegato “è come il viatico di questo anniversario festoso”. “Il nostro cristianesimo – ha rilevato mons. Brambilla – è tiepido ed esangue, perché non corre più il rischio di riempire i suoi sentimenti del sentire di Cristo: la nostra è una fede sentimentale, traccia flebile che s’accende e si spegne sotto lo stimolo di emozione passeggere. Non sa più rivestirsi del sentimento robusto della carità e della pace di Cristo, che ci unisce in modo perfetto. Nel prossimo futuro vi invito a venire qui qualche volta a respirare la quiete del lago e la brezza del mattino: quasi settanta sorelle – un primato europeo – vi accoglieranno con l’onda calda della loro atmosfera spirituale. Provare per credere!”.

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