“L’accompagnatore spirituale è quello che ti dice: ‘va bene, ma guarda qui’, che attira l’attenzione su cose che forse passano: ci aiuta a capire meglio i segni dei tempi, la voce del Signore, la voce del tentatore e le difficoltà che non riesco a superare”. Così il Papa ha descritto, a braccio, la figura dell’accompagnatore spirituale, al centro dell’ultima udienza sul discernimento, pronunciata in Aula Paolo VI. “Per questo è molto importante non camminare da solo”, ha proseguito a braccio, citando un proverbio africano: “Se tu vuoi arrivare di fretta vai da solo, se tu vuoi arrivare sicuro vai con gli altri’”. “Nella vita spirituale è meglio farsi accompagnare”, il consiglio di Francesco: “Colui o colei che accompagna non si sostituisce al Signore, non fa il lavoro al posto della persona accompagnata, ma cammina al suo fianco, la incoraggia a leggere ciò che si muove nel suo cuore, il luogo per eccellenza dove il Signore parla”. “L’accompagnamento può essere fruttuoso se, da una parte e dall’altra, si è fatta esperienza della figliolanza e della fratellanza spirituale”, ha spiegato il Papa: “Scopriamo di essere figli di Dio nel momento in cui ci scopriamo fratelli, figli dello stesso Padre. Per questo è indispensabile essere inseriti in una comunità in cammino. Non siamo soli, siamo un popolo, una nazione , una città che cammina nella parrocchia, in questo gruppo… Non si va al Signore da soli”. “Come nel racconto evangelico del paralitico, spesso siamo sostenuti e guariti grazie alla fede di qualcun altro, che ci aiuta ad andare avanti, perché tutti noi abbiamo delle paralisi interiori, e ci vuole qualcuno che ci aiuti a superarla”, l’esempio scelto da Francesco: “Altre volte siamo noi ad assumerci tale impegno a favore di un fratello o di una sorella. Senza esperienza di figliolanza e di fratellanza l’accompagnamento può dare adito ad attese irreali, a equivoci, a forme di dipendenza che lasciano la persona allo stato infantile. No, accompagnamento ma come figli di Dio e fratelli tra noi”.