“Libertà e uguaglianza, oggi è sempre più chiaro, necessitano anche della terza sorella: la fraternità. La cosiddetta triade della rivoluzione francese, che affonda le radici sia nell’antica Grecia sia nel cristianesimo, va presa tutta insieme, se si vuole assicurare una pace vera”. Lo ha affermato questa mattina mons. Erio Castellucci, arcivescovo di Modena-Nonantola, nell’omelia pronunciata in occasione della solennità di San Geminiano vescovo, patrono della città e dell’arcidiocesi.
“Tutto è connesso”, ha ripetuto il presule citando Papa Francesco: “Esiste un legame fra gli esseri umani, un filo che unisce tra loro ogni persona e ogni popolo, ogni creatura terrena e celeste, ogni avvenimento nella storia e nel mondo”, ha spiegato mons. Castellucci, osservando però che “le crisi che stiamo attraversando, e che si addensano l’una sull’altra in un groviglio terribile e inestricabile, sembrano proprio dirci che ‘tutto è sconnesso’”. Guerre, sfruttamento e inquinamento sconsiderato del pianeta, crisi economica, terrorismo… “Le grandi crisi del XXI secolo”, ha rilevato l’arcivescovo, sono “intrecciate tra di loro”. “Di fronte a questa situazione prende un senso di scoraggiamento. Possibile che non impariamo nulla dalla storia? Possibile che ogni generazione debba sempre ricominciare da capo, quasi che le esperienze passate siano state messe in archivio?”, ha chiesto Castellucci. “No, non è possibile”, la risposta: “Grazie a Dio, moltissime persone, organismi e istituzioni reagiscono a questa sconnessione universale, che condurrebbe all’autodistruzione dell’umanità e di tutte le forme viventi”.
“Una delle fatiche più grandi, per chi ha ricevuto il mandato di esercitare l’autorità pastorale – e lo dico pensando a tutte le istituzioni oggi rappresentate – è quella di connettere ‘tutti’ e ‘ciascuno’”, ha sottolineato l’arcivescovo, spiegando che “spesso chi guida le comunità sociali, comprese quelle cristiane, deve far fronte a tendenze individualiste, che guardano solo al perimetro dei propri piedi, dimenticando il bene comune; e talvolta queste tendenze, pur esprimendo esigenze autentiche, diventano incapaci di pensarsi ‘connesse’ agli altri e rivendicano la loro verità, mettendo in giro informazioni false e tendenziose”. “Chi ha la responsabilità della comunità, di qualsiasi comunità, sente il dovere di mantenere le ‘connessioni’, cercando di dosare il bene individuale con il bene comune”, ha aggiunto: “Incoraggiano le tante, davvero tante, persone che ogni giorno compiono il loro dovere, si impegnano per costruire una convivenza più bella e più giusta, creando ‘connessioni’ profonde nella società e nella Chiesa. Fanno meno rumore di chi vuole ‘sconnettere’, ma – ha ammonito – lavorano in profondità: sono gli ‘operatori di pace’”.