Con la firma apposta stamani, davanti al notaio Sebastiano Panzarella, da padre Giuseppe Martinelli e dall’ingegnere Pasqualino Nicotera nella sede del Comune di Lamezia Terme, si è concluso l’iter con cui la diocesi di Lamezia Terme ritorna in possesso della chiesa di San Francesco di Paola in piazza Italia, nel quartiere Sant’Eufemia. Secondo quanto contenuto nella delibera, la diocesi – viene spiegato in una nota – si farà carico dei lavori di ristrutturazione che la Soprintendenza per i beni e le attività culturali aveva sollecitato al Comune invitandolo “a provvedere a interventi di conservazione al fine di impedire ulteriori danneggiamenti all’immobile e salvaguardare incolumità pubblica e privata”.
Infatti, “l’immobile – come riportato nella delibera – richiede sostanziali lavori di restauro versando in uno stato inadatto all’uso pubblico e di culto così come comprovato dal verbale dei Vigili del Fuoco”. Un’incombenza, questa, che sarebbe ricaduta sul Comune di Lamezia Terme, in quanto proprietario, che, però, avrebbe difficoltà a “sostenere tali spese” né potrebbe pensare ad un diverso utilizzo dell’immobile in quanto “è catastalmente registrato come fabbricato destinato all’esercizio pubblico dei culti” e, quindi, “una differente destinazione da parte di questo ente, così come uno sfruttamento economico di tale bene, non è ipotizzabile benché formalmente acquisito al patrimonio disponibile”.
Nel 1969 la chiesetta, “a seguito della venuta ad esistenza del ‘Villaggio agricolo di Sant’Eufemia Lamezia’ è stata formalmente attribuita a mezzo di decreto del ministero per l’Agricoltura e per le Foreste alla diocesi di Nicastro”. In seguito, nel 2017, con decreto dell’Agenzia del demanio-Direzione regionale Calabria, a titolo non oneroso, venne trasferita al Comune di Lamezia Terme “la piena ed assoluta proprietà del compendio immobiliare denominato ‘Villaggio agricolo di Sant’Eufemia Lamezia’” di cui fa parte la chiesetta che, “nella sua interezza, viene indicato come immobile adibito a luogo di culto in uso alla ‘Provincia napoletana della congregazione della Missione di San Vincenzo de’ Paoli’” che lo utilizza. Nel 2019, l’allora vescovo, mons. Luigi Antonio Cantafora, inoltrò al Comune una “richiesta di trasferimento della proprietà della chiesa” motivando tale richiesta con la circostanza che, “benché tale immobile fosse di proprietà comunale, era di fatto utilizzato dalla comunità parrocchiale come chiesa di riferimento chiedendo, in subordine, nelle more della pratica di trasferimento della proprietà, autorizzazione alla progettazione finalizzata all’acquisizione del nulla osta della competente Soprintendenza ai beni culturali”. A fronte di tale richiesta vi era anche la disponibilità della parrocchia San Giovanni Battista, “quale possessore, a realizzare le opere di restauro mediante l’utilizzo dei fondi Cei dell’8xmille per la Chiesa cattolica, ma a solo a condizione che ne diventi proprietaria, così come previsto dal Regolamento applicativo della Conferenza episcopale italiana per la concessione dei contributi finanziari per i beni culturali ecclesiastici ed edilizia di culto del 15 gennaio 2019”.
Da qui la cessione alla diocesi in quanto “la chiesa – è scritto nella delibera –, prima ancora di essere edificio, è comunità dei fedeli, assemblea, e in quanto tale lo stesso immobile assurge a punto di riferimento della comunità di Sant’Eufemia, diventando, oltre che centro di aggregazione spirituale, centro di aggregazione sociale e che tale funzione è degna di essere agevolata, ove possibile, soprattutto quando non richiede alcun onere o peso per questo ente”. Ma non solo. Infatti, viene fatto rilevare che “il Comune non deve perseguire, costantemente e necessariamente, un risultato soltanto economico in senso stretto nell’utilizzazione dei beni patrimoniali, ma, come ente a fini generali, deve anche curare gli interessi e promuovere lo sviluppo della comunità amministrata in quanto ‘l’ente locale rappresenta la propria comunità, ne cura gli interessi, ne promuove lo sviluppo’”.
La diocesi si farà “carico sia delle spese della progettazione finalizzata all’acquisizione del nulla osta della competente Soprintendenza per i beni e le attività culturali per la ristrutturazione della chiesa sia di quelle della ristrutturazione vera e propria e che ciò appare particolarmente importante anche in virtù della minore capacità economica dell’ente”.