“Era preoccupato di una riduzione sociologica del mistero della Chiesa, perché solo la fede ci permette di entrare nella vera realtà ecclesiale e di cogliere le strutture fondamentali, intangibili, della vita della Chiesa, perché volute da Dio. Proprio come Giuseppe, di cui porta il nome, ha custodito questa sua sposa con tutto se stesso, servendola e proteggendola, mai in maniera banale, sempre attento alle persone ma senza compiacenze, libero da protagonismo e personalismi, generoso e attento a collaborare come metodo”. Nella messa di suffragio per il Papa emerito Benedetto XVI celebrata ieri pomeriggio in cattedrale, il card. Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei, ha ricordato che Ratzinger “non ha smesso di ascoltare il sogno di Dio, obbediente come umile lavoratore, studiando e interrogando la Parola, in una personale vita spirituale, fondamento della sua ricerca teologica, attento che non si perdesse il deposito nell’avventura del momento ma neanche in una conservazione ottusa e ripetitiva. Il cristianesimo per lui era sempre un incontro e non una morale, e sempre legato ad una dimensione comunitaria. La fede è necessariamente ecclesiale e la Chiesa non è un’organizzazione, un’associazione per fini religiosi o umanitari, ma un corpo vivo, una comunione di fratelli e sorelle nel Corpo di Gesù Cristo, che ci unisce tutti”.