“Il timore di un’ ‘apocalisse’ sempre più vicino, per il nostro Servizio sanitario nazionale è più che una semplice possibilità. Ad invarianza di azioni è quasi una certezza – dichiara Roberta Siliquini, presidente della Società italiana d’igiene, medicina preventiva e sanità pubblica (Siti) – E’ necessario, quindi, mettere in atto, al più presto, correttivi di breve ma anche di medio-lungo termine: servono risorse e programmazione che tengano conto non solo del desolante stato dell’arte, ma anche dei bisogni di salute futuri che non potranno che aumentare, dato l’invecchiamento costante della popolazione ed il mancato investimento nella prevenzione. Diversamente, lo scotto che pagheremo sarà troppo alto per poter essere sottaciuto. Assisteremo ad un ridimensionamento di quei valori che sono alla base del nostro Ssn: universalismo, equità, territorialità e globalità”.
“Carenza di professionisti sanitari, strutture e tecnologie spesso obsolete, piattaforme informatiche che non colloquiano tra loro, scarsa attenzione al territorio ed alla prevenzione e limitati investimenti. Sono solo alcuni dei problemi che affliggono i nostri Servizi, rendendo spesso vana la qualità eccellente e la dedizione di chi lavora all’interno del Servizio pubblico” prosegue Siliquini. “Di conseguenza, sempre più cittadini abbandonano quest’ultimo, sottoscrivendo un’assicurazione sanitaria e rivolgendosi a cliniche ed ospedali privati.”
Ciò è testimoniato dall’aumento della spesa out of pocket che, nel 2021, secondo i dati provenienti dalla Ragioneria di Stato, ha superato i 37 miliardi di euro. Questo sistema, però, non garantisce equità nell’accesso alle cure, essendo riservato solo a chi può permettersi di sostenere tali spese. Gli investimenti sulla sanità sono tra i più bassi nei Paesi Ocse. Dopo il picco della spesa emergenziale degli anni 2020 e 2021, a causa della pandemia da Covid_19, assistiamo ad un ridimensionamento della crescita della spesa sanitaria fino ad un suo contenimento che, secondo le stime, proseguirà fino al 2024 (previsto un 6,3% del Pil).Il personale sanitario attivo nel Ssn ha, almeno nel 50% dei casi, più di 55 anni, la percentuale più alta d’Europa, superiore di oltre 16 punti alla media Ocse, secondo dati Omceo L’aumento delle borse di specializzazione porterà negli anni a venire ad una riduzione dell’età media del personale medico, ma in maniera diseguale. Bisogna infatti considerare che molte borse non sono state assegnate, soprattutto per quelle specializzazioni che espongono maggiormente i medici a carichi di lavoro eccessivi e al rischio di contenziosi legali. Di qui l’importanza di “una governance forte, un uso efficiente delle risorse stesse ed una migliore programmazione dei servizi. È importante che tutte le parti interessate siano coinvolte al fine di garantire che il Ssn rimanga in vita e sia in grado di fornire servizi sanitari di qualità a tutti i cittadini”.