“La provocazione per chi fa comunicazione è porsi l’obiettivo di far decollare l’umano, raccontare l’esperienza dell’interagire con i volti e far percepire che, se mi mancano i volti, finisco anch’io”. Così l’arcivescovo di Trento, mons. Lauro Tisi, si è rivolto ai giornalisti nel giorno della desta del loro patrono, San Francesco di Sales, nella messa nella cripta della cattedrale di San Vigilio, concelebrata da don Giulio Viviani, assistente spirituale dell’Ucsi, che ha promosso l’incontro insieme al Servizio comunicazione della diocesi trentina.
“L’umano – la premessa di mons. Tisi – è tale solo quando è in uscita, quando cerca un altro volto ed entra in relazione con esso. Il nome stesso di Dio significa ‘fuori di sé’, colui che è in uscita, non vive su sé stesso, si alza al mattino e destina la vita ad altri”.
Riflettendo sulla professione giornalistica, l’arcivescovo ha descritto un “flusso delle informazioni talmente incalzante e in eccesso che il giornalista non ha nemmeno il tempo di verificare le notizie, perché l’accelerazione spesso induce a mandare in onda qualcosa che ti è arrivato ma non hai potuto fare tuo. Non esiste comunicazione oggettiva allo stato puro, perché c’è sempre una mediazione soggettiva”.
Facendo eco al Messaggio di Papa Francesco per la 57ª Giornata delle Comunicazioni – diffuso oggi – il presule ha chiesto ai professionisti della comunicazione “rispetto delle idee che non sono le tue”, favorendo così’ “la logica della dialettica e del confronto”. Per l’arcivescovo di Trento San Francesco di Sales era “uomo mite. Una comunicazione mite non teme la verità, ma la comunica nel rispetto delle persone e della loro dignità, cercando sempre il bene”.
La riflessione ha riguardato anche il tema del monopolio dell’informazione: “Chi ha in mano oggi gli strumenti della comunicazione sono i grandi imperi finanziari e questi mandano in onda le notizie con l’intento di condizionare l’opinione pubblica e arricchire sé stessi”. “Vi auguro – ha detto Tisi rivolto ai giornalisti trentini – la capacità di far decantare la notizia, prendersi spazi di riflessione per impedire che i grandi condizionatori della comunicazione abbiano la meglio e senza volerlo finiamo dentro una comunicazione che crediamo essere la nostra ed in realtà ci è stata confezionata e messa in bocca da qualcuno che sta lontano ed ha un unico interesse: dominare, fare soldi, tenere in pugno il mondo. Dobbiamo temere per la nostra libertà perché rischiamo di essere eterodiretti da chi ha il solo interesse di manipolare il mondo in funzione del businnes e della finanza”.
Un pensiero infine “ai giornalisti che hanno pagato con la vita, sul terreno di guerra o perseguitati da regimi dittatoriali. Onorare il nostro patrono è ricordarci dei martiri della comunicazione e di tanti uomini e donne che non hanno la gioia di poter comunicare nella libertà”.