“Per parlare, scrivere e raccontare con il cuore, è necessario avere infatti a cuore le sorti dell’uomo. Fu don Lorenzo Milani ad adottare il motto ‘I care’, letteralmente ‘Mi importa, ho a cuore’. Questa frase, scritta su un cartello all’ingresso della scuola di Barbiana, riassumeva le finalità educativa di una scuola orientata a promuovere una forma di sollecitudine per l’altro, attenta e rispettosa, per sollecitare una presa di coscienza civile e sociale. Sarebbe bello che questa frase campeggiasse come frontespizio sulle vostre redazioni, ma soprattutto nelle vostre menti e nei vostri cuori”. È quanto ha scritto mons. Francesco Savino, vescovo di Cassano all’Jonio, in un messaggio ai giornalisti in occasione della festa del santo patrono Francesco di Sales. “Prendere a cuore la vita degli altri – ha spiegato il presule – significa assumersi la responsabilità di concorrere con i gesti e voi soprattutto con le parole, alla costruzione di una buona qualità della vita per tutti”. Riferimento essenziale della pratica della cura è la ricerca di ciò che fa bene”, ha proseguito, sottolineando che “questa esigenza di sguardo misericordioso sui fratelli, di cura del prossimo nel cammino della vita, trova la sua più intensa espressione nella parabola del Buon Samaritano che invita a non occuparsi solo del proprio viaggio esistenziale, ma a fermarsi e prestare attenzione all’altro, capire ciò di cui ha bisogno e agire con prontezza. Le virtù del giornalista/buon samaritano sono particolarmente necessarie sulle strade virtuali del nostro tempo, per non cedere alla disumanizzazione”.
“Oggi c’è una sfida in più, che si afferma con forza per quelli che fanno informazione”, ha osservato mons. Savino, riferendosi alla “custodia dell’umanità”. “Oggi – ha continuato – camminiamo sul crinale difficile del transumano, del disumano, nei rapporti sociali, nei rapporti con i diversi da noi. È una sfida che va a toccare la radici stesse della vita, della comunicazione della vita e di ciò che genera i rapporti sociali, che costruisce la comunità. L’informazione ben fatta, al servizio delle persone, popolare nel senso che serve alla gente, che serve al popolo e non se ne serve per altri fini, è un pane che dobbiamo sempre spezzare e dare a tutti”.
Il vescovo ha poi messo in guardia: “Dobbiamo stare attenti a non trasformare la rete in un luogo dove più ci si addentra più si perde la propria unicità e la propria identità personale e anche l’orientamento. Il rischio è quello di smarrire la capacità di distinguere fra vero e falso, tra coerente e incoerente, rimanendo intrappolati in un gioco in cui finisce ogni relazione vera”. “L’icona del Buon Samaritano – ha concluso –, che fascia le ferite dell’uomo percosso versandovi sopra olio e vino, sia di guida. La comunicazione sia olio profumato per il dolore e vino buono per la condivisione”.