Dopo la morte, la notte tra domenica e lunedì, di Ibrahim e Queen, una coppia di immigrati da Gambia e Ghana che abitavano nel “ghetto” di Borgo Mezzanone, nel foggiano, dove vivono in condizioni di degrado altri 1500 braccianti, il vescovo di Foggia-Bovino monsignor Enzo Pelvi lancia un appello: “Sono lavoratori, hanno bisogno dell’essenziale e di essere riconosciuti come persone”. E invita le Chiese cristiane “a ritrovarsi uniti nella carità” a partire da queste situazioni, cercando di “essere da stimolo e incoraggiamento alle istituzioni locali, per suggerire loro comportamenti virtuosi, perché le emergenze sono tante”. I due trentenni avevano acceso un braciere nella baracca per cercare di riscaldarsi ma sono morti a causa delle esalazioni di monossido di carbonio. “Ieri sera ci siamo riuniti per un incontro di preghiera con evangelici, battisti e ortodossi e cattolici – racconta al Sir monsignor Pelvi -. Il dolore per la morte di questi due giovani ci ha uniti come Chiesa, invitandoci ad assumere una condotta più coerente e a non voltare le spalle alle persone più fragili”. La Caritas foggiana ha attivo da anni un progetto a Borgo Mezzanone – anche se la baraccopoli è nel territorio della diocesi di Manfredonia-Vieste – con una clinica mobile e supporto legale. “Foggia non è solo un territorio con tanti problemi – precisa il vescovo Pelvi -. Ci sono anche tanti sforzi e dedizione nella promozione della carità, si stanno creando delle reti virtuose. La carità a partire da un evento luttuoso può essere una strada verso l’ecumenismo. La Caritas sta facendo da apripista a Borgo Mezzanone e vorremmo coinvolgere anche evangelici, battisti e ortodossi, per camminare e operare insieme”. Anche a livello di opinione pubblica, prosegue, “non c’è più il silenzio di una volta” sulla situazione di sfruttamento nelle campagne del foggiano. Certo, precisa, “non può essere una realtà da strumentalizzare”. Come accaduto in passato – nel 2019 avvenne una tragedia simile in cui morirono due persone – la Chiesa foggiana si preoccuperà di essere vicina alle vittime. “La volta scorsa abbiamo individuato i familiari e provveduto alle spese di trasporto delle bare nei Paesi di origine – conclude -. Ora stiamo aspettando che ci sia maggiore chiarezza per capire cosa fare”.