Si moltiplicano gli appelli per custodire la vita e affrontare l’emergenza sanitaria del popolo indigeno Yanomami, che nello Stato brasiliano del Roraima è messa in serio pericolo da deforestazione, inquinamento con il velenosissimo mercurio (usato per l’estrazione dell’oro), violenze messe in atto da garimpeiros, i cercatori d’oro. La Rete ecclesiale pan-amazzonica (Repam) del Brasile ha pubblicato ieri un appello al Governo federale (che ha decretato l’emergenza sanitaria nel territorio), ai Governi statali e ad altre istituzioni affinché si impegnino per la vita del popolo Yanomami. La Repam afferma di aver sempre “accompagnato e denunciato le cause e le conseguenze del costante sfruttamento illegale dell’Amazzonia, che ha portato al degrado della natura e alla minaccia della vita dei popoli nativi, come la tragedia umanitaria che sta affrontando il popolo Yanomami nello Stato di Roraima. Prosegue la nota: “Le immagini diffuse in questi giorni ci preoccupano, in quanto ci sono fratelli e sorelle che hanno perso la vita a causa dell’irresponsabilità dello Stato brasiliano, che negli ultimi anni si è fatto complice e promotore di progetti predatori, come l’estrazione mineraria e la deforestazione, avanzando verso l’ultima frontiera per promuovere una ‘economia che uccide’. Le gravi malattie e la malnutrizione dei nostri fratelli e sorelle Yanomami sono un segno della perversione causata dall’assenza di politiche pubbliche e dall’abbandono programmato dello stile di vita e della cultura dei popoli indigeni”. Anche la Commissione speciale di Bioetica della Conferenza nazionale dei vescovi brasiliani (Cnbb) ha diffuso una nota di solidarietà. Il gruppo, composto da medici e specialisti, esprime indignazione e tristezza per la situazione delle popolazioni indigene che soffrono di fame e malnutrizione nei villaggi Yanomami. Nel testo si ricorda che “la miseria, lo sfruttamento, la povertà, la fame e l’abbandono attaccano la vita umana tanto quanto i flagelli dell’aborto e dell’eutanasia”. La Commissione auspica che le cause “di questo scandalo siano indagate e risolte” ed esprime solidarietà al Consiglio missionario indigeno (Cimi), alle famiglie indigene e a “tutti coloro che promuovono, difendono e si prendono cura dei nostri popoli in Amazzonia e altrove in Brasile”.