Nel territorio del Comune di Monghidoro, sull’Appennino tra Bologna e Firenze, da ormai 5 anni è attivo il “Pan di Zucchero” (centri di aiuto alla famiglia di Aibi, ndr) “I Talenti”, nato dalla volontà di un gruppo di volontari che si sono uniti per sostenere famiglie e minori in situazioni di difficoltà.
Grazie, in particolare, alla spinta della famiglia Salomoni, legata ad Aibi da una lunga storia di amicizia e collaborazione, nel tempo le attività del centro di Monghidoro sono cresciute e si sono articolate in una serie di interventi legati all’integrazione, al supporto scolastico e al tempo libero, con oltre 45 bambini e ragazzi della scuola primaria e secondaria di primo e secondo grado che ogni giorno vengono seguiti da diversi volontari.
“Abbiamo cominciato nei locali della parrocchia – racconta Silvana Salomoni -. Ma quando le attività sono cresciute gli spazi non erano più adeguati. Così, abbiamo messo a disposizione dei locali che erano nelle nostre disponibilità e abbiamo continuato a portare avanti il tutto. L’aiuto extrascolastico è stato l’inizio che ci è servito anche per ‘rompere’ i muri di comunicazione e conoscere realtà di grande povertà di vario tipo, non solo economico: povertà di tempo, povertà di affetti… Oggi il centro è sempre pieno, e nuove iscrizioni continuano ad arrivare”.
E le attività si moltiplicano, non solo quelle quotidiane di aiuto ai compiti, ma anche attraverso appuntamenti realizzati nei diversi momenti dell’anno che sono entrati a far parte di una “tradizione” molto sentita dalle famiglie del luogo e non solo: dal centro estivo allo sviluppo di attività ludiche e sportive; dagli incontri di formazione alle gite sul territorio e tanto altro ancora.
Grazie a tutto ciò, la sede di Monghidoro, la dodicesima di Aibi in Italia, “non solo è diventata un punto di riferimento importante per i ragazzi e le famiglie, ma anche una realtà riconosciuta e apprezzata dalle diverse Istituzioni del territorio per la capacità di fornire sostegno a minori e famiglie in difficoltà e per riuscire a coinvolgere un gran numero di volontari”, evidenzia l’Aibi.
“Siamo contenti di questo passo – sottolinea Salomoni –, anche se la nostra mission non cambia e rimane sempre quella di prestare attenzione al ‘grido del bambino abbandonato’. È questa la nostra forza, ed è questo il motivo per il quale la gente ci segue: perché abbiamo saputo comunicare l’accoglienza nel concreto di ogni giorno. Da qui si è anche sviluppato un lavoro di rete davvero bello, con altre realtà del territorio che hanno messo a disposizione le loro capacità e le loro risorse. Perché preparare il terreno aiuta a portare frutti sempre più ampi e più grandi”.