“In questi giorni abbiamo riscoperto che le diocesi italiane che inviano discepoli e discepole di Gesù Cristo, lo fanno nello spirito del Convegno di Aparecida, perché tutti i nostri popoli abbiano una prospettiva di vita piena”. Lo ha detto al Sir don Lucio Nicoletto, missionario fidei donum della diocesi di Padova e attuale amministratore diocesano della diocesi di Roraima, tracciando un bilancio dell’incontro tra i missionari italiani fidei donum che prestano servizio in Brasile, svoltosi la scorsa settimana a Boavista.
La diocesi di Roraima non è stata scelta a caso come sede dell’incontro, prosegue il sacerdote: “Ci sentivamo motivati dall’appello lanciato dal Sinodo dell’Amazzonia e dall’esortazione Querida Amazonia, confermato dal recente convegno amazzonico di Santarém. È stato, infatti, lanciato un appello, confermando il proposito per un’evangelizzazione dell’Amazzonia, con due pilastri: un’evangelizzazione incarnata nei popoli e liberatrice, che non sia un proselitismo, ma l’annuncio del Regno, che accade quando ci impegniamo a liberare le popolazioni da tutto ciò che le opprime e che crea ingiustizia, da tutto ciò che Giovanni Paolo II ha chiamato struttura di peccato”. L’incontro ha rappresentato “l’adesione delle Chiese italiane all’appello lanciato da Papa Francesco a rispondere a questo grido che arriva dalle popolazioni dell’Amazzonia. Già Paolo VI diceva che ‘Cristo ci indica dell’Amazzonia’. E non dobbiamo dimenticare che siamo noi che abbiamo bisogno dell’Amazzonia, di lasciarci aiutare per destrutturare determinati paradigmi, che ci aiutino a entrare in dialogo con quella realtà in cui il Signore ci chiama a vivere. Ovunque arriviamo in missione, percepiamo che la Grazia di Dio ci ha già preceduto. Abbiamo proprio bisogno di uscire dalle nostre terre e di andare dove Dio ci mostra. La stessa Chiesa italiana ha bisogno della missione per uscire dall’inverno che la attanaglia, per allontanare le sue tristezze, questa dimensione la può aiutare a rialzare la testa e a contemplare questa liberazione che viene dall’alto, ma passa attraverso i cuori di fratelli e sorelle. Ogni crisi porta in sé i raggi un nuovo mattino”.
A Boavista c’è stata anche l’occasione, conclude don Nicoletto, per conoscere da vicino “uno dei luoghi più significativi delle periferie geografiche ed esistenziali, pensando ai vari fronti che costituiscono una sfida per la Chiesa. Penso alla migrazione, con 500 persone al giorno che entrano dalla frontiera venezuelana, con bisogno di accoglienza e ascolto. Poi c’è tutta la questione ecologica, l’agrobusiness, la presenza dei cercatori d’oro. La popolazione Yanomami sta morendo, in un genocidio silenzioso, a causa del mercurio, necessario nel processo di estrazione dell’oro. E poi la sfida del riconoscimento delle popolazioni indigene, il riconoscimento della loro dignità e l’assistenza sanitaria e legale. Elementi che hanno suscitato l’interesse dei responsabili del Cum, che hanno sperimentato con i loro occhi questa realtà”.