“Oggi più che mai è in gioco il nostro stare insieme e il nostro modo di farlo”. È uno dei passaggi dell’omelia di mons. Mariano Crociata, vescovo di Latina-Terracina-Sezze-Priverno, assente per l’influenza, che è stata letta ieri sera dal vicario generale don Enrico Scaccia, in occasione della celebrazione in cattedrale, nella solennità di Maria Madre di Dio, per gli amministratori pubblici e i rappresentanti delle parti sociali in occasione della LVI Giornata mondiale della pace.
“Attenti osservatori del mondo di oggi ci dicono che ormai viviamo in un mondo nel quale nessuno può da solo risolvere anche uno soltanto dei grandi problemi che ci affliggono, perché tutto è diventato enormemente complesso”, ha sottolineato, nel testo, mons. Crociata.
“Se guardiamo al mondo più vicino a noi, al nostro territorio, colpisce che ancora una volta, in questi giorni, qualcuno, con ruoli istituzionali o comunque pubblici, sia intervenuto elencando tutti i responsabili di certe cose che non vanno, e guarda caso nell’elenco ci sono tutti tranne chi parla o scrive – ha evidenziato il presule -. E questo non fa altro che alimentare la contrapposizione e la polemica tra chi è bravo e chi non lo è, nella logica della ricerca di uno o più colpevoli, e della sistematica autoassoluzione. Le cose non funzionano così, non stanno così, e in questo modo non se ne esce”. Un tale modo di procedere, peraltro, “diventa anche fonte di sviste e di errori, come quando si mette anche la Chiesa nella serie, mentre invece essa è stata sempre in prima linea nell’affrontare problemi sociali di ogni genere, a volte anche svolgendo un ruolo di supplenza rispetto alle istituzioni. Tutti abbiamo da migliorare e da imparare, anche noi Chiesa naturalmente, ma sulla base del riconoscimento della realtà dei fatti e non della sua falsificazione o del suo occultamento”.
Volendo “indicare alcuni ambiti della vita della comunità civile pontina nei quali è necessario far crescere la volontà e l’impegno a lavorare insieme, lasciandoci coinvolgere tutti”, mons. Crociata ne ha indicati almeno tre: “Innanzitutto e certamente l’amministrazione di alcune nostre città, che non meritano di essere private di governo ordinario; poi l’efficienza degli apparati burocratici, sia pubblici che privati, dai quali dipende l’erogazione di servizi essenziali per la vita dei cittadini e dell’intera comunità; infine, il contrasto – non solo repressivo ma educativo – di quei comportamenti che alimentano l’illegalità e la corruzione, nel piccolo e nel grande. In questi ambiti tutti siamo chiamati in causa, poco o molto, direttamente o indirettamente”.
“A chi pensa che in chiesa dovremmo occuparci di cose solo religiose”, il presule ha risposto che “la Chiesa non ha motivo di esserci se la fede e l’esperienza religiosa che vi si coltivano non producono un cambiamento del modo di pensare e di agire”. Infine, ha invitato a mettersi “tutti in gioco” e a lasciarsi “cambiare il cuore”.