“Ogni volta che apprendo la tragica notizia della morte violenta di un missionario, sia consacrato sia laico, in terra di missione, mi vengono i brividi. Nella morte atroce di padre Isaac Achi, bruciato vivo nella sua canonica in Nigeria, domenica scorsa, rivivo quanto è accaduto ad alcuni dei miei compagni in Burundi, presso la Missione di Buyengero dei Padri Saveriani”. A parlare al settimanale cattolico La Voce, che sarà in edicola il 20 gennaio, è don Orlando Sbicca, 82 anni, missionario in Burundi dal 1971 al 1979 e ora direttore dell’Ufficio diocesano missionario di Perugia-Città della Pieve, che racconta: “La sera del 30 settembre 1995, tre soldati arrivano alla Missione di Buyengero: fanno inginocchiare padre Ottorino Maule, padre Aldo Marchiol e Catina Gubert, una volontaria laica, e vengono uccisi con arma da fuoco. Padre Ottorino Maule fu ordinato sacerdote insieme a me e ad altri 29 saveriani il 15 ottobre 1967”. Nel 1971 monsignor Sbicca lasciò la sua Umbria (è originario di Deruta dove è nato l’11 gennaio 1941) per andare missionario in Burundi. Dal piccolo Paese africano della regione dei Grandi Laghi, don Orlando venne espulso, su disposizione delle autorità governative, otto anni dopo, nel 1979, perché considerato un “prete contrario ai vatussi”, precisa il sacerdote: “Pur avendo dalla mia parte persone del posto che testimoniarono in mio favore, smentendo le false accuse a me mosse, non ebbi scampo. Dopo momenti di tensione e di paura mi fu ordinato di lasciare il Burundi in 24 ore… Furono momenti duri! Certo, con il cuore sono rimasto per sempre in Africa. Ogni volta che apprendo notizie su feroci persecuzioni, i ricordi affiorano nella mente e penso anche a quanto bene i missionari riescono a fare in mezzo a mille difficoltà e tribolazioni”.
Secondo mons. Sbicca “é inquietante anche il fatto che ormai la stampa dà sempre meno rilevanza a questi martiri e al loro martirio, come del resto anche alle cosiddette guerre dimenticate, che si trasformano in vere e proprie stragi di innocenti indifesi. Di queste stragi, tra i pochi a darne notizia, sono proprio i missionari che lo fanno, spesso, rischiando la vita”.