Tornano a riunirsi da oggi a Caracas, anche con la presenza della Chiesa colombiana con il compito di facilitatrice, le delegazioni del Governo colombiano e dell’Esercito di liberazione nazionale, il maggior gruppo guerrigliero oggi presente sul territorio nazionale. Il dialogo prosegue nonostante le polemiche dei giorni scorsi, quando l’Eln ha negato di aver concordato con il Governo un cessate-il-fuoco bilaterale, così come aveva annunciato il presidente Gustavo Petro, che aveva annunciato che il cessate-il-fuoco bilaterale con cinque gruppi armati attivi nel Paese. Alla luce dei fatti, si tratta di un’intenzione e di un “gettare il cuore oltre l’ostacolo”, che sta producendo alcuni effetti positivi (per esempio, la città di Medellín ha salutato il nuovo anno con otto giorni consecutivi senza omicidi, cosa mai accaduta da decenni), ma si sta anche rivelando fragile. L’ong Indepaz, che da anni tiene la “contabilità” delle violenze che accadono nel Paese, h già registrato nel 2023 cinque massacri e tre uccisioni di leader sociali, e ha denunciato le minacce del Clan del Golfo ai difensori dell’ambiente e dei diritti umani che si oppongono a un progetto minerario nella zona del Magdalena Medio. L’ultimo massacro, a La Unión, nel dipartimento di Valle del Cauca, da parte di un gruppo armato non identificato, ha causato la morte di una bambina di otto anni, oltre che l’uccisione di due giovani di 17 e 18 anni. Per il presidente di Indepaz, Camilo González Posso, più che il cessate-il-fuoco bilaterale annunciato, è importante che sia effettivo “il cessate-il-fuoco unilaterale dei gruppi armati verso la popolazione civile”. Secondo l’ong, nel 2022 si è assistito nel Paese all’uccisione di 179 leader sociali, a 92 massacri, allo sfollamento forzato di oltre 70 mila persone, all’uccisione di 37 ex guerriglieri firmatari dell’accordo di pace del 2016. Numeri che rappresentano la vera sfida per la pace nel Paese.