Nell’est della R.D. Congo, nel Nord Kivu, secondo la Monusco (le forze Onu di peacekeeping) “sono almeno 15 ogni mese le vittime degli attacchi nella zona al confine con l’Uganda”, come avvenuto ieri nel piccolo villaggio di Kasindi, dove è stata presa di mira una chiesa evangelista con un attacco dinamitardo che ha provocato decine di morti e feriti. Il governo ha attribuito le responsabilità al gruppo armato Allied Democratic Forces (Adf), originario dell’Uganda e legato all’Isis. Un cittadino keniano è stato arrestato. “Sfortunatamente non è il primo episodio in quella zona. È una guerra nella guerra. In seguito al numero crescente di attacchi dell’Adf siamo in allerta anche noi. Abbiamo cambiato i nostri protocolli di sicurezza perché il rischio è alto”. A parlare oggi da Goma, nel Nord Kivu, è Daniele Mazzone, rappresentante Avsi nella Repubblica democratica del Congo, durante un webinar organizzato da Avsi in vista del viaggio apostolico di Papa Francesco dal 31 gennaio al 5 febbraio nella Repubblica Democratica del Congo e in Sud Sudan. La zona dove è avvenuto l’attentato alla chiesa, a 200 km da Goma, è vicina ad una grande strada in costruzione che collega R.D. Congo e Rwanda. “È un posto simbolico – spiega Mazzone -, quindi non è solo un attacco alla comunità religiosa. In seguito all’aumento degli attacchi dell’Adf non possiamo avere personale espatriato in quelle aree”.
Anche nei dintorni di Goma, una città di 6 milioni di abitanti, sono in corso scontri a causa della risorgenza del gruppo di ribelli M23, che molti pensano sia legato al vicino Rwanda, Paese con interessi economici in zona su miniere d’oro e infrastrutture, interessato al controllo sulla regione. “Noi ci muoviamo solo in automobile e mai a piedi, andiamo solo in ristoranti e bar con controlli di sicurezza all’entrata, abbiamo un coprifuoco interno alle 10. Noi expat non possiamo andare a Beni e Butembo e alle frontiere con Rwanda e Uganda. C’è anche una mancanza di fiducia nei confronti del personale espatriato in seguito al recente arresto con l’accusa di spionaggio di un direttore di una Ong di nazionalità rwandese”.
Papa Francesco troverà un Paese di quasi 100 milioni di abitanti, di cui la metà sono cattolici, con l’80% della popolazione che vive con meno di un dollaro al giorno e una grave crisi umanitaria in corso: “Il 30% della popolazione ha bisogno di assistenza umanitaria – ha precisato Mazzone -. La comunità internazionale ha perso interesse nei confronti della situazione nella R.D. Congo. Il 2023 sarà un anno molto difficile: è calato il budget dei Paesi donatori, che stanno soffrendo a causa dell’inflazione e dell’impatto della guerra in Ucraina. Ma ci sono già 27 milioni di persone in difficoltà e i numeri crescono: quest’anno ci aspettiamo 30 milioni di persone che avranno bisogno di aiuti umanitari”. Nella zona di Goma, dove la maggior parte della popolazione vive in povertà, ci sono 1 milione di sfollati che hanno difficoltà di accesso a cibo, servizi, casa, salute. “Le persone stanno perdendo fiducia nella comunità internazionale – ha precisato Mazzone -. Ci sono state grandi proteste nel 2022 anche contro la missione Onu di peacekeeping Monusco”. La popolazione è però “molto contenta della visita del Papa – ha affermato – e spera che porti nuova energia agli sforzi di pace, in cui è impegnata anche la Chiesa locale, e più attenzione a questa crisi dimenticata”.