Papa Francesco: “per la fragilità non c’è spazio”, combattere “cultura dello scarto” con “cultura della cura”

“I professionisti sanitari, negli ultimi tre anni, hanno vissuto un’esperienza molto particolare, difficilmente immaginabile, quella della pandemia. Senza il vostro impegno e le vostre fatiche molti malati non sarebbero stati curati”. Lo ha ricordato il Papa, ricevendo in udienza i  rappresentanti della Federazione nazionale degli Ordini dei Tecnici sanitari di radiologia medica e delle Professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione. “Il senso del dovere animato dalla forza dell’amore vi ha permesso di prestare la vostra opera al servizio del prossimo, anche mettendo a rischio la vostra stessa salute”, ha proseguito ringraziando, oltre che i presenti, anche “tutti gli altri operatori sanitari”. “Spesso la cultura dell’efficienza e dello scarto” spinge a negare la malattia, il grido d’allarme di Francesco: “Per la fragilità non c’è spazio. E così il male, quando irrompe e ci assale, ci lascia a terra tramortiti. Può accadere, allora, che gli altri ci abbandonino, o che paia a noi di doverli abbandonare, per non sentirci un peso nei loro confronti. Così inizia la solitudine”. L’opposto della cultura dello scarto è la cultura della cura, impersonata per il Papa dal buon Samaritano, che “non gira lo sguardo altrove, si avvicina al ferito con compassione e si prende cura di quella persona che altri avevano ignorato”. “Questa parabola indica una precisa linea di comportamento”, il commento del Papa: “Ci mostra con quali iniziative si può rifare una comunità a partire da uomini e donne che fanno propria la fragilità degli altri, che non lasciano edificare una società di esclusione, ma si fanno prossimi e rialzano e riabilitano l’uomo caduto, perché il bene sia comune”.

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