Biagio Conte: card. De Giorgi (emerito Palermo), “era il san Francesco di Palermo, un segno profetico”

“San Francesco di Palermo. Così ho conosciuto e definito fratel Biagio Conte nel mio indimenticabile servizio episcopale a Palermo. Così mi è apparso sin dal mio primo incontro con lui in cattedrale, il 25 maggio 1996. E tra i primi miei impegni pastorali è stato quello di rendermi conto di quanto Dio operava per mezzo di lui in via Decollati, trasformando ruderi abbandonati in una dignitosa villetta di accoglienza di quanti distrutti nella loro dignità dall’alcool e dalla droga erano soli e rifiutati dalla società, dei poveri senza cibo e senza casa, dei sempre più numerosi migranti di ogni razza, cultura e religione”. Così il card. Salvatore De Giorgi, arcivescovo emerito di Palermo, ricorda il missionario laico scomparso stamani. “Mi resi conto che Biagio era per la Chiesa di Palermo un segno profetico dato dal Signore per essere più operosa e concreta nel privilegiare e aiutare gli ultimi, i suoi prediletti, con i quali Gesù ha voluto identificarsi ritenendo fatto o non fatto a sé quanto noi abbiamo fatto o non fatto a loro – aggiunge -. Biagio ne era fermissimamente convinto, e con i fatti più che con le parole, sorretto dalla preghiera e dalla penitenza, confidando nell’aiuto del Signore soprattutto nei momenti più difficili, si é donato e consacrato a lui servendolo appassionatamente nei suoi prediletti”.
Ricordando che “ha fatto suo quanto Francesco non si stanca di suggerire, come comportarci con gli immigrati”, il cardinale ricorda che gli fu vicino in modo particolare quando con “un gesto tipico dei profeti più coraggiosi” occupò un terreno abbandonato dello Stato: “A suo fianco ho dovuto mediare con la magistratura e le alte autorità statali per fargli ottenere metà di quel terreno. E lui, valorizzando le diverse capacità e mansioni dei suoi ospiti, ha trasformato i ruderi della seconda guerra mondiale in abitazioni decorose per centinaia di immigrati”. “E per me resta indelebile il ricordo della celebrazione del 50° della mia ordinazione sacerdotale insieme ai vescovi siciliani: sedevamo a mensa insieme a oltre seicento immigrati”.

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