“Non dobbiamo attendere di essere perfetti e di aver fatto un lungo cammino dietro a Gesù per testimoniarlo; il nostro annuncio comincia oggi, lì dove viviamo. E non comincia cercando di convincere gli altri, ma testimoniando ogni giorno la bellezza dell’amore che ci ha guardati e ci ha rialzati”. Lo ha spiegato il Papa, nella prima catechesi dedicata allo zelo apostolico, pronunciata in Aula Paolo VI, all’udienza generale, e dedicata alla chiamata di Matteo. “E se ho questa bellezza, è comunicare questa bellezza a convincere la gente, non noi”, ha precisato a braccio: “Noi siamo quelli che annunciano il Signore, non annunciamo noi stessi o un’ideologia politica”, il monito ancora fuori testo: “No, è Gesù a metterci in contatto con la gente, senza convincerli, cercando che il Signore li convinca”. “Come infatti ci ha insegnato Papa Benedetto, la Chiesa non fa proselitismo. Essa si sviluppa piuttosto per attrazione”, ha affermato Francesco citando il suo predecessore: “Quando vedete dei cristiani che fanno proselitismo, che fanno una lista di gente, questi non sono cristiani, sono pagani travestiti da cristiani, hanno il cuore pagano”. Poi il Papa ha raccontato a braccio un episodio accaduto in ospedale a Buenos Aires, quando un gruppo di suore coreane sono andate per aiutare. Il giorno dopo aver preso possesso della casa, “sono scese a visitare gli ammalati, ma non parlavano una parola di spagnolo, parlavano solo coreano. E gli ammalati erano felici: ‘Sono brave queste suore’. ‘Cosa ti hanno detto?’ ‘Niente, ma con lo sguardo mi ha parlato’. Hanno comunicato Gesù, non loro stesse. Comunicare Gesù, non noi stessi: questa è l’attrazione, contraria al proselitismo”.