Messa in suffragio di Papa Benedetto XVI, questa mattina al Santo Sepolcro, a Gerusalemme, presieduta dal Patriarca latino di Gerusalemme, Pierbattista Pizzaballa, presenti anche rappresentanti delle varie Chiese, dell’Ebraismo e dell’Islam, autorità civili e membri del corpo diplomatico. A tenere l’omelia è stato il Custode di Terra Santa, padre Francesco Patton, che ha ripercorso la storica visita del Papa, nel 2009, in Terra Santa. Riprendendo alcune parole dei discorsi del Pontefice, padre Patton ha affermato che “Non si è trattato di una visita di cortesia ma di un autentico pellegrinaggio nel quale ha voluto mostrare vicinanza alla piccola comunità cristiana locale incoraggiando i cristiani a non emigrare e a rimanere fedeli alle proprie radici. In quel pellegrinaggio papa Benedetto ha incontrato in modo cordiale e fraterno, i Patriarchi e i Capi delle Chiese sorelle. Ha incontrato fraternamente le autorità religiose dell’Ebraismo e dell’Islam, come pure le autorità civili di Giordania, Israele e Palestina. Ha visitato anche molte opere sociali per esprimere la vicinanza alle persone più povere e bisognose. Con la mitezza che sempre lo ha contraddistinto ha cercato di seminare pace e invitare al dialogo”. Durante il suo viaggio, ha detto Patton, Benedetto XVI ha parlato di “Gerusalemme augurando che possa davvero essere luogo di incontro e di preghiera per tutti i popoli” e “ricordato la vocazione universale di questa Città, Santa e cara a Ebrei, Cristiani e Musulmani. Proprio per questo ci ha rivolto parole che hanno un senso ancora più forte nell’oggi che viviamo. Sono parole pronunciate per indicare a noi, che qui viviamo, una via da percorrere. Papa Benedetto ci ha ricordato che, proprio in virtù della sua vocazione, Gerusalemme ‘deve essere un luogo che insegna l’universalità, il rispetto per gli altri, il dialogo e la vicendevole comprensione; un luogo dove il pregiudizio, l’ignoranza e la paura che li alimenta, siano superati dall’onestà, dall’integrità e dalla ricerca della pace. Non dovrebbe esservi posto tra queste mura per la chiusura, la discriminazione, la violenza e l’ingiustizia. I credenti in un Dio di misericordia – si qualifichino essi Ebrei, Cristiani o Musulmani –, devono essere i primi a promuovere questa cultura della riconciliazione e della pace, per quanto faticoso e lento possa essere il processo e gravoso il peso dei ricordi passati’”. Guardando al percorso esistenziale di papa Benedetto XVI e guardando anche alle ultime parole da lui pronunciate: ‘Signore, ti amo’, ha concluso il Custode, “comprendiamo che anche nella nostra vita deve esserci il primato dell’amore. E comprendiamo che per essere capaci di amare bisogna che attingiamo costantemente alla relazione con Gesù”.