In Italia la dispersione scolastica “esplicita”, ossia l’abbandono degli studi prima del diploma delle scuole superiori, è al 12,7%, una delle percentuali più alte in Europa dopo Romania (15,3%) e Spagna (13,3%). La maggior parte degli abbandoni sono nelle regioni del Sud, con le punte di Sicilia (21,1%) e Puglia (17,6%). E’ quanto emerge dal nuovo rapporto di Save the children “Alla ricerca del tempo perduto” sulle disparità di apprendimento e disuguaglianze di servizi (mense, palestre, tempo pieno, adeguatezza degli edifici) nel mondo della scuola in Italia. L’impoverimento educativo sconta ancora gli effetti di Covid e Dad, soprattutto tra i minori già in svantaggio socioeconomico. Il 9,7% degli studenti con un diploma superiore nel 2022 si ritrova in condizioni di dispersione “implicita”, cioè senza le competenze minime necessarie (secondo gli standard Invalsi) per entrare nel mondo del lavoro o dell’Università. Il numero dei Neet nel nostro Paese, i 15-29enni che si trovano in un limbo fuori da ogni percorso di lavoro, istruzione o formazione, raggiunge il 23,1% ed è addirittura il più alto rispetto ai Paesi Ue (media 13,1%), segnando quasi 10 punti in più rispetto a Spagna (14,1%) e Polonia (13,4%), e più del doppio se si considerano Germania e Francia (9,2%).
In regioni come Sicilia, Campania, Calabria e Puglia i 15-29enni nel limbo hanno addirittura superato i coetanei che lavorano (3 giovani Neet ogni 2 giovani occupati). Secondo il rapporto la dispersione “implicita” risulta inferiore in quelle province dove almeno la metà degli alunni della scuola primaria frequentano il tempo pieno e almeno la metà delle scuole ha la mensa (10 punti percentuali in meno di dispersione rispetto alle province dove meno di 1 alunno su 4 frequenta il tempo pieno alla primaria o dove meno di 1 scuola primaria su 4 ha la mensa). In Italia, le classi a tempo pieno (40 ore) nella scuola primaria superano di poco il 50% solo in Lazio (55,7%), Toscana (52,8%), Basilicata (52,4%) e Lombardia (52,3%), ma sono una rarità in Molise (7,5%), Sicilia (11,5%), Puglia (18,7%), Campania (18,8%) e Abruzzo (19,6%), mentre la media nazionale è del 37,3%.
L’organizzazione chiede di investire il 5% del Pil (ossia 93 miliardi contro i 71 miliardi stanziati nel 2020) per una scuola “con tempo pieno, mensa, palestre ed edifici scolastici adeguati per tutti e di garantire un impiego mirato dei fondi Pnrr sui territori con il maggior svantaggio educativo”.