“È un riconoscimento enorme, ma non ho capito se me lo state consegnando perché pensate che sono al tramonto della carriera”. Così Hirokazu Kore’eda che, nello Spazio FEdS alla Mostra del Cinema di Venezia, ha scherzato mentre riceveva il Premio Robert Bresson, l’unico riconoscimento al mondo che la Chiesa cattolica conferisce a un regista. “Sono onorato di ricevere questo riconoscimento ma sento anche una forte pressione, mi sento intimorito: quindi prendo esempio da Bresson, un autore che è stato presente fino in fondo nella sua carriera. È un esempio che mi illumina: a volte, piuttosto che rincorrere il futuro, è più importante voltarci indietro”, ha proseguito Hirokazu Kore’eda, felice di ricevere il premio, durante un evento collaterale della 79ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, assegnato dalla Fondazione Ente dello Spettacolo e dalla Rivista del Cinematografo, con il patrocinio del Pontificio consiglio della cultura, del Dicastero per la comunicazione della Santa Sede e dell’Istituto giapponese di cultura e il contributo della Direzione generale cinema e audiovisivo del ministero per la Cultura. Il riconoscimento, giunto alla sua 23ª edizione, celebra il regista “che abbia dato una testimonianza, significativa per sincerità e intensità, del difficile cammino alla ricerca del significato spirituale della nostra vita”. “È uno dei registi più importanti del mondo, rappresenta la continuità con la tradizione di Yasujirō Ozu ma anche una personalità autentica e originale. È il miglior interprete del Giappone d’oggi e lo aspetto a Venezia con i suoi prossimi film”, ha sottolineato Alberto Barbera, direttore artistico della Mostra, presente alla consegna del premio assieme a Roberto Cicutto, presidente della Biennale, e Shimizu Junichi, direttore dell’Istituto giapponese di cultura. “Il cinema di Kore’eda è curativo, ci permette di conoscere l’uomo e le sue domande, anche quando fanno cadere nel buio assoluto, e ci guida verso una speranza”, ha dichiarato mons. Davide Milani, presidente della Fondazione Ente dello Spettacolo. Parole alle quali hanno fatto eco quelle di Okada Seiji, ambasciatore straordinario e plenipotenziario del Giappone presso la Santa Sede: “Per affrontare le problematiche di questo mondo confuso e tumultuoso, dovremmo comportarci come una grande famiglia: potremmo, allora, recuperare quella visione condivisa, sui valori della vita, che ci manca così tanto e che si trova nella visione del maestro Kore’eda”. Queste le motivazioni del premio: “Punto di riferimento fondamentale della nuova leva registica giapponese, Kore’eda è il regista che più di ogni altro ha saputo aggiornare i canoni della scuola nipponica, indicando attraverso una poetica estremamente intima e personale il punto in cui tradizione e modernità si guardano, si sfidano, si abbracciano. E laddove i suoi coetanei hanno continuato a interrogarsi sulla generatività del trauma (l’atomica, da Hiroshima a Fukushima) nella mentalità e nella cultura del proprio paese, Kore’eda ha preferito setacciare la coscienza del Giappone dentro l’orizzonte più ampio dell’occidentalizzazione del gusto e dei costumi, ponendo questioni decisive come la memoria, la morte, la famiglia, l’amore, sotto la lente binoculare di una sensibilità ibrida, globale, fortemente contemporanea”.