“Come presidente, non ho voluto sottolineare questo lavoro, per essere un membro della Chiesa che fa il bene in silenzio, e anche per evitare distinzioni con il lavoro per la pace di altre chiese e tradizioni spirituali di popoli etnici”. Così padre Francesco De Roux, presidente della Commissione per il chiarimento della verità (Cev) in Colombia, che ha da poco concluso i suoi lavori, risponde al Sir alle osservazioni rispetto alla sostanziale assenza, nel documento finale, dell’opera della Chiesa rispetto alla pace e alla riconciliazione. In ogni caso, prosegue il religioso gesuita, “la Commissione ha rilevato che accanto al ricordo dell’indignazione contro alcuni membri della Chiesa, che, durante il periodo chiamato della “Violencia”, nella prima metà del secolo scorso, incoraggiavano all’odio contro i liberali e i comunisti, vi è una moltitudine di testimonianze sui molti modi in cui la Chiesa, dall’inizio del conflitto armato interno, ha accompagnato le comunità colpite da massacri e sfollamenti, ha accolto le sofferenze delle famiglie, ha accolto guerriglieri e paramilitari che hanno lasciato armi, ha svolto dialoghi umanitari per proteggere la vita, ha raccolto cadaveri tra le montagne e nei fiumi per seppellirli, ha ricevuto orfani, ha sostenuto spazi umanitari e comunità di pace, ha percorso vallate e regioni per la riconciliazione”. All’interno di questa azione, “la teologia della liberazione ha avuto un grande impatto nei suoi due aspetti, quello politico e quello dedicato alla pace, sempre nella prospettiva dell’opzione preferenziale dei poveri. Allo stesso tempo c’è stato molto impegno ecumenico con altre chiese, confessioni religiose e spiritualità”. Prosegue padre De Roux: “Personalmente ho vivo il ricordo dei miei amici sacerdoti assassinati, Isaias Duarte, Álvaro Ulcué, Tiberio Fernandez, Sérgio Restrepo, Mario Calderón ed Elsa Alvarado”. Accanto a questa attività, insieme alle opere di pace, fa però notare il presidente della Cev, “l’autorità etica pubblica che la Chiesa poteva e doveva mettere in campo non è stata esercitata collettivamente, per denunciare questa realtà intollerabile, per mobilitare la responsabilità della popolazione, in maggioranza cattolica. Data la gravità di quanto accaduto, la Chiesa avrebbe potuto mettersi in gioco più profondamente, di fronte all’indifferenza, alla negazione, alla collusione del male, alla corruzione, all’impunità di centinaia di migliaia di fratelli morti”. Un approccio integrale e profetico, commenta da Bogotá Cristiano Morsolin, esperto di diritti umani, che ha collaborato nella raccolta delle dichiarazioni di padre De Roux, “vicino all’impostazione di Papa Francesco, anche nel ricordare le mancanze della Chiesa e l’emarginazione di alcuni settori legati alla teologia della liberazione”.