“Sono contento che questo passaggio tra il cardinale Bassetti e me coincida con il cammino sinodale. In qualche modo la verifica che richiamate è il Sinodo. Perché è un guardarsi, un capirsi non come un circolo chiuso ma come popolo. Che vuol dire essere cristiano oggi? Cosa mi chiede la Chiesa di essere? Non sono domande a cui possiamo rispondere in privato, garantiti da un facile spiritualismo alla moda”. Così il card. Matteo Maria Zuppi, presidente della Cei e arcivescovo di Bologna, nell’intervista a L’Osservatore Romano dal titolo “La Chiesa che conversa con gli uomini del suo tempo”, nella quale invita a prendere il documento di sintesi nazionale della fase diocesana del Sinodo come un punto di partenza per cambiare camminando. Proseguendo, l’intervista affronta il discorso della secolarizzazione della società italiana paragonata dall’arcivescovo di Bologna alla desertificazione spirituale: “Il deserto in quanto tale esprime la sete, il bisogno – e la ricerca – dell’acqua. Se c’è il deserto significa anche che c’è una nuova ricerca di acqua. Dobbiamo guardare alla sete, non lamentarci del deserto. Soddisfare questa sete significa spiegare, e ancor più mostrare, com’è vivere da cristiani oggi”. Il card. Zuppi fa autocritica sottolineando come i risultati controversi dei due anni di ascolto del Sinodo, siano da imputare alla scarsa abitudine dei sacerdoti a domandare ed ascoltare, essendo invece più abituati a definire, circoscrivere, dare certezze, spiegare e parlare sopra. “Troppo spesso abbiamo un’ossessione a giudicare, perché sentiamo che se non lo facessimo non adempiremmo al nostro ruolo. C’è dentro di noi uno zelo che ci porta a difendere la trincea della verità. Pensiamo che questo sia il nostro essenziale compito e che questo significhi seguire il Vangelo”.