“Umiltà e fortezza: è l’insegnamento che il nuovo beato” Giovanni Paolo I “offre alle nostre Chiese, impegnate con entusiasmo e gioia nel Cammino sinodale. Nello stesso tempo chiede a tutti noi – vescovi, presbiteri, diaconi, persone consacrate e laiche – libertà e fedeltà nel ‘raccontare’ l’amore di Dio sempre e comunque, senza temere il giudizio degli uomini”. Così mons. Francesco Moraglia, patriarca di Venezia e presidente della Conferenza episcopale triveneta (Cet), nel messaggio pubblicato su tutti i settimanali diocesani del Triveneto in occasione della beatificazione di Albino Luciani.
Un avvenimento, sottolinea Moraglia, che “costituisce, nel contesto dell’attuale Cammino sinodale, un evento che unisce ancor più le Chiese della Regione Ecclesiastica del Triveneto di cui il patriarca Luciani fu presidente per otto anni fino all’elezione papale”.
“Grazie all’attenta e scrupolosa documentazione raccolta nel corso della causa di beatificazione – rileva l’attuale patriarca –, la figura di Albino Luciani – uomo, prete, vescovo e Papa – ci viene ora riconsegnata ‘libera’ da ogni stereotipo”. “Il suo motto episcopale – Humilitas – ne spiega la forza interiore e la fedeltà al Vangelo del quale volle essere sempre testimone”, prosegue Moraglia, riferendosi “anche di quelle pagine scomode che oggi si dicono ‘politicamente scorrette’”.
“Albino Luciani – ricorda il presidente della Cet – fu un instancabile lavoratore della vigna del Signore, obbedendo con semplicità al progetto di Dio anche quando gli costava. Chiamato a decisioni non facili ebbe sempre per criterio il Vangelo, senza cedere ad ambiguità o comodi compromessi, desiderando servire la Chiesa e caricandosi della propria parte di sofferenza”. Per Moraglia, “riletta a distanza di tempo la sua vita costituisce, innanzitutto, una di quelle ‘sorprese’ con cui Dio scompagina la storia e i progetti degli uomini. Evidenzia, poi, quei tratti di semplicità (non ingenuità) e di limpidezza che si univano ad un’intelligenza viva (lo rivelano i suoi scritti) e ad un carattere fermo quando riteneva in gioco la volontà di Dio e il bene delle anime”. Il patriarca ripropone quanto il teologo Divo Barsotti, del quale è stata da poco introdotta la causa di beatificazione, scrisse riflettendo sul brevissimo periodo in cui Giovanni Paolo I fu vescovo di Roma: “Quest’uomo è stato con noi soltanto per rivelarci la semplicità di Dio e questa lezione vale più di tante lezioni teologiche”.