“Uomo che ‘sa ciò che fa’, professionista preparato e arguto, credente sulle orme di Cristo, Dalla Chiesa ci testimonia ancora ‘l’esempio di una vita pulita, fatta di entusiasmo’, di ‘lavoro onesto e pulito’, ci indica ‘la forza di resistere, la gioia del donare senza chiedere’, l’impegno ‘di mantenere inalterato lo smalto della lealtà verso lo Stato e le sue Istituzioni’, la disponibilità ‘alla macerazione della vita quotidiana, all’amore per un dovere che tutto pospone’. Non ultimo, ci provoca ad optare sempre per ‘la difesa dell’inerme’. Anche noi, come ci ricorda S. Paolo e ci testimoniano questi nostri amici, ‘lavoriamo con le nostre mani. Insultati, benediciamo; perseguitati, sopportiamo; calunniati, confortiamo’”. Si è chiusa con queste parole l’omelia pronunciata questa mattina dall’arcivescovo di Palermo, mons. Corrado Lorefice, durante la celebrazione eucaristica che ha presieduto in cattedrale per il 40° anniversario dell’uccisione del gen. Carlo Alberto Dalla Chiesa, della moglie Emanuela Setti Carraro e dell’agente della Polizia di Stato, Domenico Russo. Il presule li ha definiti “una donna e due uomini liberi che hanno scelto di amare”.
“Fede” e “credo”, ha proseguito l’arcivescovo, “sono termini che il generale Carlo Alberto non sbandiera ma che menziona spesso nei suoi interventi, soprattutto quando si rivolge agli uomini dell’Arma o ai suoi Cari, o scrive all’amata Dora strappata improvvisamente e prematuramente al suo affetto”. “Una fede provata, spesso invocata con l’umiltà di un bambino”, ha osservato Lorefice: “Una fede che si incarna nel credere fino in fondo alle scelte della vita, nel portare avanti il ‘credo inalterato’ degli alti valori umani, civili e religiosi che motivano e guidano l’esistenza personale, familiare, professionale e civica”. “La fede del generale Carlo Albero Dalla Chiesa – ha evidenziato – ci illumina e ci guida ancora oggi: la fede negli uomini e nelle donne che ‘sanno ciò che fanno’, e la fede in Dio che ci vuole consapevoli e liberi da ogni condizionamento; liberi da ogni potere che limita e opprime la dignità umana e che impedisce la convivenza giusta, solidale, inclusiva e pacifica delle nostre città; soprattutto una convivenza libera dalle organizzazioni mafiose e terroristiche, dall’illegalità a dalle connivenze subdole e pervasive”. “Sentiamo l’urgenza – ha aggiunto – di custodire la memoria del prefetto Carlo Albero Dalla Chiesa, di attingere ancora al suo luminoso orizzonte di vita alimentato dalla fede ‘in Dio, nell’Immenso’”.