“La legalità uno Stato prima di pretenderla deve darla”. Lo ha detto ieri a Ravenna Carmelo Musumeci, ex detenuto condannato all’ergastolo ostativo, che ora vive in una delle case della comunità della Papa Giovanni XXIII partecipando alla tavola rotonda “Recluse, donne nelle carceri italiane” organizzata dal settimanale interdiocesano Risveglio-Corriere Cesenate-Il Piccolo in occasione della mostra fotografica di Giampiero Corelli sulle condizioni delle detenute nelle carceri femminili d’Italia.
Originario di Aci Sant’Antonio, in provincia di Catania, si trasferisce in Toscana a 16 anni dove entra a far parte di un’organizzazione criminale dedita al traffico di droga, racket e bische clandestine. A causa di una guerra tra bande, nel 1991 viene condannato all’ergastolo per omicidio e sottoposto al regime di 41 bis. “Una tortura democratica”, così lo definisce, descrivendo le condizioni del carcere dell’Asinara negli anni ’90: “Per un anno e sei mesi non ho più incontrato nessuno. Le condizioni igieniche erano disastrose, mancava l’acqua potabile. Dal bagno alla turca entravano i topi, che andavano anche in cella”.
La via di uscita, in quelle condizioni, sono stati i libri e la cultura: entrato con la licenza elementare, Musumeci in carcere è riuscito a prendere tre lauree, in Giurisprudenza, sociologia e filosofia. “Fu un educatore – ricorda – che all’Asinara mi disse: hai tanto tempo, perché non ti metti a studiare? Ma in regime di 41 bis non potevo avere neanche i libri. ‘Non cominciare a trovare scuse’, mi disse e iniziò a mandarmi pagine di libri per lettera. Ancora devo capire perché in carcere hanno paura dei libri. E anche dell’amore”.
L’amore, invece, è proprio ciò che fa andare avanti, testimonia Musumeci, anche in carcere: “In tanti, anche ultimamente, hanno preferito togliersi la vita perché l’amavano e non sopportavano di vivere così. La mia compagna, invece, mi diceva, ‘devi vivere’ e così io avevo una doppia condanna: l’ergastolo e a vivere”. Poi, l’incontro con la Papa Giovanni XXIII e con don Oreste Benzi: “La mia fortuna sono state le relazioni: prima con don Oreste e ora con Nadia Bizzotto” responsabile della struttura di accoglienza “Il Sogno di Maria” di Bevagna (Perugia) che ospita Musumeci nell’ambito del progetto Oltre le Sbarre.
Da quel momento per lui inizia un percorso di riscatto, non semplice ma salvifico: “In carcere non ti puoi permette di diventare buono, il carcere non vuole questo: se lo diventi, ti ribelli. Il problema è culturale. Non è il codice penale che stabilisce che sei una brava o cattiva persona”.
“La società chiede giustizia ma vuole vendetta – conclude l’ex detenuto –. Si dice che occorre rieducare i detenuti ma quando si rieduca la società? Secondo le statistiche, il 70% di chi esce dal carcere poi ci torna, ma io dico che il restante 29% non ci torna solo per paura. Dovrebbe essere un’opportunità, non far paura”.