“Il carcere è una cassa di risonanza di quel che succede nella società. Il ricorso al servizio di psichiatria è aumentato tantissimo. Il periodo del Covid è stato molto duro e sappiamo che il prossimo inverno dovremo far fronte a una situazione altrettanto difficile”. Sono le parole di Cosima Buccoliero, direttrice del carcere Lorusso-Cutugno di Torino nella testimonianza che ha portato a Ravenna alla tavola rotonda “Recluse, Donne nelle carceri italiane” condotta da Francesco Zanotti direttore del settimanale interdiocesano Risveglio-Corriere Cesenate-Il Piccolo in occasione della mostra fotografica di Giampiero Corelli sulla condizione delle detenute nel carceri italiane dal titolo “Domani faccio la brava”.
Le donne detenute sono poche, spiega, a Torino sono il 4% della popolazione carceraria “ma vivono una situazione di marginalità maggiore rispetto agli uomini – prosegue la direttrice del carcere di Torino –. L’istituzione carcere è maschile, creata da uomini, pensata per uomini. Si tratta di donne che vengono da contesti difficili, e spesso hanno subito reati o violenza. Vivono una maggiore situazione di solitudine perché non hanno la famiglia vicino: spesso sono loro il centro della famiglia e quando sono detenute sono solo. Senza considerare il forte senso di colpa per non poter gestire il rapporto genitoriale. Una volta uscite, poi, sono maggiori le difficoltà di poter ricostruire una vita all’esterno”. “I bambini in carcere per fortuna sono pochi ma ci sono – aggiunge Buccoliero –. Non siamo riusciti a ridurne il numero: a Torino sono 4, ed erano 12 in pandemia. E i piccoli si rendono conto che non è casa loro. Questo problema non è stato affrontato né risolto”.
Lo scopo del carcere è quello di liberare la persone dalle motivazioni devianti e creare risorse, ha aggiunto Letizia de Maria, giudice di sorveglianza del Tribunale di Bologna, anche lei tra i relatori della tavola rotonda. “In questo la genitorialità è una spinta potentissima verso il cambiamento, significa trovare un nuovo scopo nella vita. Vale per uomini e donne”. Quello della salute mentale, aggiunge è un problema in crescita: “Per alleviarlo bisognerebbe trovare delle comunità sul territorio ma non ci sono”. In carcere poi, “ci scontriamo con una notevole mancanza di risorse: manca circa il 50% dell’organico”.