“Con un nome nuovo”: è tratto da un versetto di Isaia il tema dell’ottava marcia francescana in Siria che si è svolta dal 5 all’11 settembre, pochi giorni dopo la conclusione della analoga Marcia in Giordania e ad un mese di distanza da quella in Galilea. All’evento hanno partecipato circa 100 giovani guidati da padre Johnny Jallouf. La marcia, riferisce lo stesso frate dal sito della Custodia, ha avuto inizio con la celebrazione della Messa e la distribuzione del Tau da parte dei frati, “segno dell’appartenenza al Signore”. In seguito i giovani sono stati divisi in 8 gruppi, ognuno con un nome diverso, scelto tra gli elementi naturali come il cielo, il sole, la luna, le stelle, tutti ispirati al Cantico delle Creature di san Francesco. I partecipanti, afferma padre Jallouf, erano provenienti da tutte le zone della Siria: “La maggior parte di loro non aveva mai partecipato a nessuna marcia francescana, e quindi erano molto curiosi di vivere un’esperienza diversa rispetto ai campeggi estivi a cui erano abituati. Specialmente portare lo zaino è stato molto istruttivo: caricarsi questo peso quotidianamente li ha portati a riflettere sul fatto che ci sono molte cose che noi portiamo sulle nostre spalle, ma spesso alcune di esse non sono importanti nella vita. Quindi camminando si impara a discernere quello che è essenziale da ciò che non lo è, per arrivare a comprendere ciò di cui davvero abbiamo bisogno, ciò per cui vale la pena portare il peso. Inoltre, il percorso della marcia non è stato tutto in pianura: abbiamo incontrato salite e discese, strade asfaltate e calde, terreni accidentati… esattamente come il sentiero spirituale della nostra vita. È lì che dobbiamo ancorarci al Signore, nostra guida e nostra luce che illumina le tenebre del cammino”.
Nel tragitto ci sono stati altri incontri: il primo, chiamato “un nome nuovo al passato”, ha sollecitato “i ragazzi a riconciliarsi con il loro trascorso di vita, per riuscire a scorgere come la misericordia di Dio li abbia sempre accompagnati e sostenuti. Poi li abbiamo invitati a dare un nome nuovo al presente e alla realtà in cui ciascuno di loro vive, perché bisogna imparare a non fuggire dalle situazioni e dare il giusto nome alle cose della vita, per quanto dolorose: è lì che si sperimenta la cura del Padre eterno verso i suoi figli. Un altro è stato dare un nome nuovo alla comunità, per terminare con avere un nome nuovo con Dio: ricominciare un cammino con Gesù, cercando di comprendere come il fratello che il Signore ci mette accanto è uno strumento che ci aiuta a capire noi stessi, per camminare insieme in questo passaggio terreno verso l’eternità, la nostra mèta finale”.