Un indicatore per garantire salari dignitosi e salario minimo vincolando ogni categoria ai contratti collettivi più dignitosi, sistemi premiali per le aziende. È quanto chiedono le Acli, chiamando in causa tutte le forze politiche e riportando al centro del dibattito il tema del lavoro. “L’Italia è l’unico Paese Ue che, in trent’anni, ha visto abbassarsi il salario medio e dove oltre un quarto dei lavoratori tra i 30 e 40 anni, ancor più se donne o giovani (peggio se stranieri), hanno redditi da poveri o sono a rischio di povertà. L’Europa ora chiede agli Stati di darsi un salario minimo: chi delle forze politiche risponde?”, afferma Stefano Tassinari, vicepresidente nazionale Acli.
“Il lavoro nero o grigio – prosegue -, la mancanza di rinnovi contrattuali, la stipulazione di contratti pirata, la presenza di part time involontario o un diffuso ricorso al ‘massimo ribasso’ nella scelta dei fornitori, la preponderanza di grandi gruppi che dominano i mercati imponendo prezzi eccessivamente bassi non fanno altro che alimentare il lavoro povero”. Un unico intervento non è sufficiente, serve una strategia integrata e più generale. “Come Acli, muovendo dalla nostra Costituzione, che all’articolo 36 stabilisce che ogni lavoratore debba ricevere una retribuzione sufficiente ‘ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa’, poniamo nel dibattito alcune proposte, sulla scia dei lavori della commissione costituita dal ministro Orlando, che prevede innanzitutto un nuovo sistema di controlli”, conclude Tassinari.