Carcere: ricerca Iref-Acli, a causa del Covid meno volontari, attività formative e lavorative

Negli ultimi due anni il numero di detenuti è diminuito di 7.409 unità, ma c’è anche stato un crollo del volontariato che ha fatto crescere il rapporto tra volontari e detenuti, da 1 a 3,1 del 2019 a 1 a 5,4 nel 2020. La flessione maggiore si è avuta per le attività religiose (-61,3%) e per le attività di formazione e lavoro (-60,5%); anche le attività sportive, ricreative e culturali hanno perso una percentuale consistente di volontari (-56,5%); più bassa è la flessione rilevata tra i volontari impegnati in attività di sostegno alle persone e alle famiglie, diminuiti del 31%. Sono alcuni dati che emergono da una ricerca presentata oggi presso la Casa circondariale di Busto Arsizio, a cura dell’Iref, realizzata dalle Acli nazionali, in collaborazione con le Acli Lombardia, le Acli di Varese e la Fondazione Enaip Lombardia: un’analisi approfondita sul ruolo fondamentale del Terzo settore nel mondo del carcere. “Il senso di questo report consiste nel documentare quello che le organizzazioni del Terzo settore stanno già operando all’interno della realtà carceraria”, ha detto il presidente nazionale delle Acli, Emiliano Manfredonia. “È difficile stimare il numero di organizzazioni impegnate con i detenuti, perché la maggior parte di esse sono piccole, alcune poggiano solo sul lavoro volontario”, ha spiegato Gianfranco Zucca, ricercatore Iref e curatore della ricerca: “L’impegno del terzo settore e dei suoi operatori (volontari o meno) all’interno delle carceri si esplica attraverso progetti specifici o supportando i compiti istituzionali dell’amministrazione. In particolare, le associazioni sono attive con progetti di formazione, lavoro, sport e cultura. Purtroppo, anche se il lavoro è considerato il veicolo principale di risocializzazione dei detenuti, secondo i dati del Dap a giugno 2021 lavorava un detenuto su tre, per un totale pari a 17.957 individui su 53.637”. Anche in ambito formativo il ruolo degli Enti del Terzo settore è rilevante. Negli ultimi cinque anni, però, i corsi attivati hanno avuto un andamento altalenante, oscillando in un range che va da 120 a 230 nel periodo pre-pandemia, per poi crollare con l’avvento del Covid-19: la percentuale di iscritti sul totale dei detenuti presenti non ha mai superato un esiguo 5%, arrivando all’1,4% nel primo semestre del 2020. La pandemia ha avuto sicuramente un impatto negativo sulle opportunità formative e lavorative dei detenuti italiani.

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