“La vostra strada si snoda tra le strade lungo le quali, più insidiose, corrono le minacce dell’ingiustizia sociale, dello scarto degli ultimi, della corruzione personale e comunitaria, dei poteri violenti… Quanto vario e ricco è il vostro impegno e quanto vi compromette nelle strade degli uomini, spesso esponendovi al pericolo e al rischio ma, al contempo, delineandosi come strada di speranza per molti! Strada che sottrae all’indifferenza, come il Vangelo chiede di fare”. Così l’arcivescovo ordinario militare per l’Italia (Omi), mons. Santo Marcianò, si rivolto ai militari della Guardia di Finanza, durante la Messa celebrata in occasione della festa del loro Patrono, San Matteo. Davanti alle massime autorità civili e militari, riunite questa mattina in San Giovanni in Laterano, a Roma, l’Ordinario ha ricordato la conversione di Matteo che ha determinato nell’apostolo “una mutazione non solo nel comportamento individuale ma anche nella gestione economica, nello stile sociale, nella vita della comunità”. Matteo segue Gesù, ha spiegato l’arcivescovo castrense, e “si alza per cambiare vita e inizia anch’egli a vedere ciò di cui mai si era accorto prima”. Da qui il monito di mons. Marcianò: “Anche la giustizia che regola la gestione economica e finanziaria di un Paese non deve partire, per così dire, dallo stare seduti, comodi, in scrivanie in cui esclusivamente si riscuote, magari nella corruzione come gli esattori del tempo di Gesù. Deve partire, oserei dire, dalla strada, dalle periferie, come direbbe Papa Francesco”. Quindi parte “dall’accorgersi, dal vedere le reali esigenze e miserie dei cittadini, degli uomini e delle donne del nostro tempo, rese più drammatiche dalle conseguenze della pandemia; dal toccare con mano le difficoltà economiche delle famiglie, delle grandi imprese affogate dai debiti o dei piccoli artigiani minacciati dall’usura; dal combattere la discriminazione derivante dall’illegalità e dall’evasione fiscale o la piaga della disoccupazione e del lavoro in nero; dal non restare indifferenti dinanzi alla povertà in cui versano anziani, malati, deboli, ai quali non sempre è garantito il minimo per la sopravvivenza. È il compito di uno Stato giusto, ed è il vostro compito”. Il compito della Guardia di Finanza deve svolgersi “con un atteggiamento di ‘guardia’, ovvero di custodia, di protezione, di difesa. Non lo si può eseguire appieno, potremmo dire, se non in un contesto in cui ci si accorge dell’altro, se non in uno stile di cura del fratello”. Cura che significa, nello stile evangelico, anche condivisione: “La giustizia economica e finanziaria di un Paese, la giustizia che voi stessi garantite e insegnate, passa per la strada della condivisione. Una strada sempre indispensabile, non solo perché segue la direttiva che conduce all’equità ma perché, anche qualora tutti gli esseri umani nel mondo avessero i beni necessari, senza la gioia della condivisione gli stessi beni lascerebbero le persone nella solitudine, nella tristezza, nel non senso. Passare sulle strade degli uomini, vederli e custodirli, condividere con loro. È il senso del vostro dovere di militari della Guardia di Finanza”.