In Italia si stima che attualmente siano 1.487.368 le persone con demenza, un numero destinato ad aumentare del 56% entro il 2050, quando saranno 2.316.951. È quanto emerge dal Rapporto mondiale Alzheimer 2022 intitolato “La vita dopo la diagnosi: trattamento, cura e supporto”, diffuso oggi, Giornata mondiale Alzheimer, dalla Federazione Alzheimer Italia, rappresentante per il nostro Paese di Adi – Alzheimer’s Disease International. “Il nostro compito – spiega la presidente della Federazione Gabriella Porro – è sensibilizzare le Istituzioni sull’importanza di non lasciarle sole e intervenire tempestivamente con investimenti, progetti concreti e campagne di informazione rivolte ai cittadini”. Per far fronte a questa emergenza nazionale, la Federazione sottolinea la necessità di avviare una serie di interventi urgenti e concreti, a partire dallo sviluppo di Piani regionali sulle demenze. Un altro intervento necessario è l’attivazione di Pdta (Percorsi diagnostici terapeutici assistenziali) con indicazioni chiare e uniformi, che integrino gli aspetti socio-sanitari e assistenziali con l’obiettivo di creare una rete di supporto efficiente (dal farmacista al terapista occupazionale, dal neurologo all’associazione di volontariato sul territorio al medico di medicina generale e alle Comunità amiche).
Inoltre, la Federazione Alzheimer Italia auspica lo sviluppo di interventi di telemedicina che garantiscano alla persona con demenza continuità assistenziale; la stabilizzazione e l’implementazione da parte di tutte le Regioni dei flussi informativi centralizzati (dalle Regioni verso il Ministero della Salute) sui dati epidemiologici e sugli accessi ai servizi per permettere una programmazione migliore degli interventi; il potenziamento degli strumenti di diagnosi precoce. Per Paola Barbiano, Ceo di Adi, “insieme al miglioramento della diagnosi precoce, la cura della demenza post-diagnosi deve essere riconosciuta come un diritto umano. Se è vero che non esiste ancora una terapia medica in grado di modificare la malattia, ci sono prove evidenti che dimostrano come trattamento, cura e supporto post-diagnosi adeguati migliorino significativamente la qualità della vita e la capacità di una vita autonoma di chi vive con questa malattia”.