“Gli Ospedali aperti sono stati un polmone almeno nelle due grandi città di Damasco ed Aleppo: non solo hanno curato i feriti della guerra e gli ammalati della vita, ma hanno tenuto acceso la speranza, dando lavoro e cercando di frenare l’esodo, soprattutto dei più giovani, garantendo dei salari dignitosi e concorrenziali per quanto è stato possibile”. È quanto ha affermato il card. Leonardo Sandri, prefetto del dicastero per le Chiese Orientali, intervenendo oggi a Roma al convegno “Ospedali aperti in Siria: per curare i malati, per ricostruire una comunità” promosso da Avsi. Il prefetto ha ricordato le sue visite in Siria e ai 3 ospedali cattolici che fanno parte del progetto voluto dal nunzio apostolico in Siria, card. Mario Zenari: “ho in mente le parole di alcuni giovani laureati: ‘noi stiamo qui, ma se ci fosse la possibilità di partire andremmo, del resto in Germania ormai l’8% dei medici è di nazionalità siriana’. Sono parole – ha spiegato Sandri – che restituiscono la percezione che quelle persone hanno: un Paese che rischia ormai di essere diventato senza possibilità di tornare indietro il fantasma di se stesso. Le sanzioni lo mettono sempre più in ginocchio, penalizzando le popolazioni e rendendo difficili gli aiuti, perché nonostante le eccezioni proclamate per l’assistenza umanitaria nella realtà le procedure sono quasi impossibili o legate alla diffusa ignoranza della normativa reale da parte di tanti operatori”. “Quale è il motivo delle sanzioni e che cosa posso fare perché siano tolte?”, è stata la domanda posta dal prefetto. “L’esperienza degli Ospedali aperti – ha aggiunto il card. Sandri – vuole mettere la persona umana al centro, senza distinzione di appartenenza religiosa o confessionale, perché così la ama e la guarda Dio. Non solo guarendo le ferite del corpo, accompagnando le madri, i bambini e gli anziani, ma restando vicini agli operatori, cercando di continuare a sognare insieme a loro un presente e un futuro per la Siria”. Tutto questo è possibile, secondo Sandri, “se continueremo a camminare insieme, calcando idealmente la ‘strada diritta’ di Damasco come fece l’apostolo Paolo, lasciandoci rapire dall’amore di Dio che non può che incarnarsi nel servizio dei fratelli, incominciando dai più poveri”.