Un viaggio sui luoghi della missionaria laica Nadia De Munari, uccisa lo scorso anno a Nuevo Chimbote, in Perù, e dell’Operazione Mato Grosso (Omg), l’organizzazione di cui faceva parte Nadia, originaria di Schio (Vicenza). È quello compiuto da Laura De Munari, cugina e coetanea di Nadia, che nei giorni scorsi ha visitato gli asili dove lavorava la missionaria, a Nuevo Chimbote, e assistito all’inaugurazione di un pozzo costruito dall’Omg. In precedenza, assieme ad alcuni amici, aveva partecipato a un trekking in alta quota organizzato sempre dall’Omg, che gestisce anche alcuni rifugi sulle Ande. Un’attività oggi a rischio, come ha denunciato mons. Giorgio Barbetta, amministratore apostolico di Huari e figura di riferimento nel Paese dell’Operazione Mato Grosso.
In ogni caso, il viaggio e i contatti di questi mesi confermano il legame tra l’Omg e la famiglia di Nadia De Munari, come conferma al Sir la sorella Vania: “Ho conosciuto mons. Barbetta qui a Schio, a casa dei miei genitori, quando lui e altri hanno voluto con noi tutti famigliari (genitori, sorelle, nipoti e cognati) celebrare una messa nel giardino di casa dei miei genitori. È stato un momento significativo, intimo e consolatorio per tutti i presenti. L’Omg, attraverso gli amici del vicentino che conosciamo da sempre, ci sono stati vicinissimi e sempre a disposizione”.
Per quanto riguarda le novità processuali, “purtroppo la diocesi di Huaraz non è stata ammessa come Parte civile al processo perché il Codice penale peruviano prevede in questi casi che solo la famiglia possa costituirsi. Specifico che i miei genitori non hanno voluto costituirsi parte civile. È per questo che con l’avvocato Ballerini monitoriamo da lontano quelle che saranno le varie fasi del processo, confortati comunque dalla disponibilità e trasparenza della pm Sara Chira Tello”. Commenta Cristiano Morsolin, esperto di diritti umani in America Latina e vicentino d’origine: “Conoscevo Nadia fin dagli anni ’90. È importante continuare a chiedere verità e giustizia per l’efferato assassinio di cui è stata vittima, e seguire costantemente, come sta facendo il Sir, le fasi del processo. Importante anche confermare e rilanciare l’impegno dell’Operazione Mato Grosso, come accade per l’iniziativa di difendere i rifugi andini, costruiti in alta quota da tanti giovani italiani e peruviani”.