“Ci avviciniamo al giorno di una triste ricorrenza. Il primo settembre di trent’anni fa scomparve Cristina Golinucci, giovane che frequentava il convento di Cesena. È nostro desiderio rinnovare la vicinanza alla famiglia Golinucci, in particolare alla madre Marisa, che continua a lottare per fare luce sulla vicenda. Ribadiamo la nostra totale disponibilità a collaborare con le Forze dell’ordine, così come abbiamo sempre fatto in passato, affinché, nel nome della giustizia la verità possa finalmente emergere”. E’ quanto si legge in una nota diffusa dai frati minori cappuccini dell’Emilia-Romagna, in occasione del trentennale della scomparsa di Cristina Golinucci.
Nel sottolineare che il suddetto convento è frequentato quotidianamente da molte persone, associazioni e gruppi, i frati precisano che la maggioranza dei frati presenti oggi, all’epoca dei fatti non aveva neppure intrapreso il cammino della vita religiosa.
La nota ricostruisce quindi alcune tappe investigative che hanno coinvolto il convento: “il 12 agosto 1997 Oscar Ghetti, capo squadra mobile della Questura di Forlì, coadiuvato dalla Polizia scientifica, dai Vigili del fuoco sommozzatori di Bologna, nonché da un contingente della Polizia di Stato e di Carabinieri della Compagnia di Cesena, ha proceduto a un sopralluogo dettagliato del nostro convento. Tale sopralluogo era stato delegato dalla procura della Repubblica presso il tribunale di Forlì in relazione al procedimento contro Emanuel Boke”.
“Il 7 dicembre 2004, il Commissariato della Polizia di Stato di Cesena ha proceduto alla perquisizione di un locale di servizio. Dopo aver eseguito l’abbattimento di una parete in mattoni, la perquisizione ha riguardato una fossa settica”.
“Dopo la riapertura delle indagini, il 25 maggio 2010 è stato effettuato un altro sopralluogo in tutti i nostri spazi utilizzando la tecnologia ‘georadar’ messa a disposizione della Polizia scientifica di Roma. Anche questa indagine ha avuto esito negativo”, conclude la nota.