Il vescovo di Bergamo, mons. Francesco Beschi, dal 20 luglio al 5 agosto è in Bolivia con una delegazione bergamasca per celebrare i sessant’anni di presenza missionaria orobica nel Paese sudamericano. A Munaypata, dove don Berto Nicoli e don Luigi Serughetti nel 1962 avviarono la missione diocesana, mons. Beschi ha benedetto il muro di cinta della parrocchia finanziato da Fondazione Santina. Munaypata è il luogo simbolo delle missioni bergamasche in Bolivia: è qui, infatti, che nel 1962 i sacerdoti bergamaschi don Berto Nicoli e don Luigi Serughetti avviarono la missione diocesana. Un cammino che oggi, dopo sessant’anni, continua e che la Chiesa di Bergamo con il vescovo Francesco Beschi ha deciso di celebrare in un viaggio missionario. La delegazione, composta dal vescovo, dai rappresentanti dell’Ufficio missionario, da alcuni giovani legati all’esperienza della missione e da uno staff per raccontare l’esperienza, partendo proprio da Munaypata sta facendo il giro delle esperienze e dei missionari bergamaschi, per incontrarli e raccogliere la loro testimonianza. Tra i tanti momenti vissuti a Munaypata, la benedizione del muro di cinta della parrocchia di Santiago, finanziato da una realtà bergamasca impegnata in diversi progetti di solidarietà nel mondo: la Fondazione Santina guidata da mons. Luigi Ginami. Sul muro benedetto dal vescovo Francesco è visibile una targa con il logo della Fondazione Santina e il nome di Ada Miotti Parolin, mamma del card. Pietro Parolin, segretario di Stato della Santa Sede. “Una signora di 94 anni che tanto prega per le nostre opere di solidarietà – ha spiegato durante la cerimonia Asunta Olinda Calderon Vega, rappresentante della Fondazione Santina per il Perù e la Bolivia – e che è oggi molto commossa e prega in modo particolarmente partecipe”.
Con Fondazione Santina dalla memoria di una mamma di un prete bergamasco hanno preso vita nel mondo decine di micro opere umanitarie: pozzi d’acqua in Iraq, fognature in villaggi sperduti sulle Ande, ristrutturazioni di edifici in Kenya, aiuti per carcerati peruviani, adozioni a distanza di orfani messicani di genitori uccisi dal narcotraffico, sostegni a bambini vietnamiti, borse di studio per ragazze palestinesi. È questa, infatti, la ramificata geografia della carità che ha disegnato anno dopo anno don Ginami dopo la morte della madre, Santina Zucchinelli, una anziana signora che ha trascorso gli ultimi anni della sua vita da invalida ad accompagnare il figlio nei pellegrinaggi. Alla sua scomparsa – avvenuta qualche anno fa – è nata una fondazione a suo nome con lo scopo di continuare in altro modo quei pellegrinaggi che portavano speranza. Don Gigi ha iniziato a raccogliere denaro con la vendita dei libri che scriveva dopo le sue “avventure” di carità, vendendoli attraverso la rete parrocchiale italiana. Piccole somme – da mille a 10mila euro – che davano però vita in diversi paesi in via di sviluppo a progetti concreti capaci di cambiare il corso degli eventi di tante persone sfortunate.