“Erroneamente ricordiamo la figura di Celestino V come ‘colui che fece il gran rifiuto’, secondo l’espressione di Dante nella Divina Commedia; ma Celestino V non è stato l’uomo del ‘no’, è stato l’uomo del ‘sì’”. Nell’omelia della Messa presieduta nella basilica di Santa Maria in Collemaggio, il Papa ha rovesciato l’interpretazione tradizionale della figura di Celestino V e ha fatto riferimento alla Perdonanza Celestiniana, la cui 758ª edizione si celebra oggi. “Non esiste altro modo di realizzare la volontà di Dio che assumendo la forza degli umili”, ha spiegato Francesco: “Proprio perché sono tali, gli umili appaiono agli occhi degli uomini deboli e perdenti, ma in realtà sono i veri vincitori, perché sono gli unici che confidano completamente nel Signore e conoscono la sua volontà”. “Nello spirito del mondo, che è dominato dall’orgoglio, la Parola di Dio di oggi ci invita a farci umili e miti”, l’appello del Papa: “L’umiltà non consiste nella svalutazione di sé stessi, bensì in quel sano realismo che ci fa riconoscere le nostre potenzialità e anche le nostre miserie. A partire proprio dalle nostre miserie, l’umiltà ci fa distogliere lo sguardo da noi stessi per rivolgerlo a Dio, colui che può tutto e ci ottiene anche quanto da soli non riusciamo ad avere”. “Tutto è possibile per chi crede”, ha assicurato Francesco sulla sorta del Vangelo di Marco: “La forza degli umili è il Signore, non le strategie, i mezzi umani, le logiche di questo mondo, i calcoli”. In questo senso, “Celestino V è stato un testimone coraggioso del Vangelo, perché nessuna logica di potere lo ha potuto imprigionare e gestire. In lui noi ammiriamo una Chiesa libera dalle logiche mondane e pienamente testimone di quel nome di Dio che è misericordia. Questa è il cuore stesso del Vangelo, perché la misericordia è saperci amati nella nostra miseria”. “Non si può capire la misericordia se non capiamo la propria miseria”, ha aggiunto a braccio il Papa.