“Le immagini che documentano la distruzione ci hanno rattristato, quelle che mostrano i nuovi cantieri danno a sperare. Siamo qui non per trarre considerazioni sui numeri, ma per ritrovare l’orizzonte della memoria, perché i morti di quella notte non passino nel dimenticatoio. Ma anche per trovare l’orizzonte di un futuro che non si costruisce senza una grande forza interiore, che non solo ci rende reattivi a quanto non funziona, ma sa anche predisporci a scorgere quanto ancora non è dato vedere”. Con queste parole, rilanciate da www.andareoltre.org, il sito voluto dalla diocesi di Rieti per raccontare la ricostruzione post sisma 2016, il vescovo mons. Domenico Pompili, ha aperto ieri sera, alle 21, la veglia di preghiera ad Accumoli, organizzata dalla parrocchia locale. Presenti anche il sindaco del comune epicentro del sisma, Franca D’Angeli, seduto accanto al commissario straordinario alla Ricostruzione Giovanni Legnini, e all’assessore regionale alla Ricostruzione Claudio Di Berardino. A fare da sfondo un cantiere con impalcature, mattoni, attrezzi da muratore. Il crocifisso appeso al braccio di uno scavatore, poggiato su un drappo per metà rosso e per metà bianco, a sottolineare il contrasto tra la passione vissuta con il terremoto e il bisogno di rinascita. O meglio di rigenerazione, come mostrato da video e fotografie usati come contrappunto alle meditazioni.
A mezzanotte, la preghiera ha preso il via nella vicina Amatrice, dove i fedeli si sono radunati per la veglia per le vittime 299, 239 delle quali solo nel comune dei monti della Laga. È ancora mons. Pompili a richiamarne la memoria “autentica perché difficile. Difficile perché toglie il sonno, spezza la notte, obbliga l’attesa nel freddo. Costa la fatica di ricordare gli episodi più dolorosi, ma ha una sua ricompensa se l’oscurità si attraversa per ritrovare la luce e il calore, per fondare sul ricordo un’aspettativa di futuro”. Alle 3.36, l’ora della scossa, la più forte, lunga 20 secondi, dal campo sportivo dove sono partiti, i fedeli sono giunti a piedi fino alle porte della zona rossa, davanti a quel che resta del campanile e del centro storico. Poi la lettura dei nomi delle 239 vittime, scanditi da altrettanti colpi di gong. A fare luce solo il riverbero delle candele lasciate accese ai piedi del memoriale nel parco comunale, a dare consolazione la benedizione del vescovo.