“I vecchi dovrebbero essere luce per gli altri”. Ne è convinto Papa Francesco, che nella catechesi dell’udienza generale di oggi si è soffermato sulla morte come passaggio verso il Regno di Dio, concludendo così le meditazioni sulla vecchiaia. “Gesù, quando parla del Regno di Dio – ha spiegato -, lo descrive come un pranzo di nozze, come una festa con gli amici, come il lavoro che rende perfetta la casa, o le sorprese che rendono il raccolto più ricco della semina. Prendere sul serio le parole evangeliche sul Regno abilita la nostra sensibilità a godere dell’amore operoso e creativo di Dio, e ci mette in sintonia con la destinazione inaudita della vita che seminiamo. Nella nostra vecchiaia, care e cari coetanei, parlo ai vecchi e alle vecchiette – ha precisato sorridendo fuori testo – l’importanza di tanti ‘dettagli’ di cui è fatta la vita – una carezza, un sorriso, un gesto, un lavoro apprezzato, una sorpresa inaspettata, un’allegria ospitale, un legame fedele – si rende più acuta”. Secondo il Pontefice “l’essenziale della vita, che in prossimità del nostro congedo teniamo più caro, ci appare definitivamente chiaro. Ecco: questa sapienza della vecchiaia è il luogo della nostra gestazione, che illumina la vita dei bambini, dei giovani, degli adulti, dell’intera comunità”. “I vecchi – ha quindi osservato ancora a braccio – dovrebbero essere questa luce per gli altri”. “L’intera nostra vita – ha proseguito – appare come un seme che dovrà essere sotterrato perché nasca il suo fiore e il suo frutto. Nascerà, insieme con tutto il resto del mondo. Non senza doglie, non senza dolore, ma nascerà- E la vita del corpo risorto sarà cento e mille volte più viva di come l’abbiamo assaggiata su questa terra”.