(Da Rimini) La ricetta del generale Francesco Paolo Figliuolo per affrontare la pandemia è stata semplice: esecuzione decentrata, controllo accentrato. L’ha detto lo stesso commissario straordinario per l’emergenza Covid-19 oggi pomeriggio nel corso della tavola rotonda su “Campagne vaccinali – Riflessioni sulla pandemia” svoltasi al Meeting di Rimini che si chiuderà domani. “Avevamo l’obiettivo di vaccinare l’80% della popolazione over 16 entro fine settembre 2021. Ci siamo arrivati con dieci giorni di ritardo. Penso che si possa ritenere raggiunto il traguardo” ha detto il generale per il quale “in occasioni come quelle della pandemia, ai cittadini occorre fornire informazioni semplici e chiare”. Le linee operative diramate erano chiare: tremila centri vaccinali, per arrivare a tutti, fin dove si poteva. E poi “approvvigionamento, distribuzione e controllo”, queste le parole d’ordine del commissario che riuscì a raggiungere le 500 mila vaccinazioni giornaliere, come auspicato. “C’era da definire chi faceva che cosa – ha aggiunto Figliuolo -. Abbiamo iniziato con la vaccinazione etica: prima i più deboli e gli invisibili. Così riuscimmo far fare una visita medica anche a chi non ne faceva una da 10-15 anni”. Per Giovanni Rezza, direttore generale della prevenzione sanitaria al ministero della Salute si è trattato “di un trionfo della vaccinologia”. “Non abbiamo usato vaccini sperimentali né saltato fasi di sperimentazione – ha spiegato -. C’è stato un uso emergenziale dei vaccini, approvati in pochi mesi a beneficio di tutti, diventato quindi standardizzato e routinario”. In ogni caso, ha aggiunto lo scienziato, il risultato è stato eccezionale e “quando il profitto (delle big pharma, ndr) si sposa con il bene dell’umanità, viva il profitto”. Sui no vax e gli esitanti, Rezza ha detto che “esistono e possono causare problemi. Non li ho mai attaccati frontalmente. Si tratta di minoranze sparute. In vaccini devono essere considerati un diritto, non un dovere”. Poi l’ammissione di un errore, ma “gli errori li fanno tutti”, ha chiosato l’esperto. “Avevamo detto che con il 70% della popolazione vaccinata avremmo ottenuto l’immunità di gregge. Così non è stato”. Guido Bertolaso, coordinatore della campagna vaccinale per la Lombardia, ha ricordato che il 31 gennaio 2020 venne dichiarato lo stato di emergenza nazionale e che poi “si è discusso per mesi su chi doveva fare cosa. Medici e infermieri sono morti perché non c’erano i dispositivi di protezione individuale. Ogni Regione è stata abbandonata a se stessa”. Quindi ha elencato le diverse chiamate ricevute dalle varie regioni. Dopo la Lombardia, le Marche, la Sicilia e poi l’Umbria. Il 31 gennaio 2021 di nuovo la Lombardia per la campagna vaccinale. “Ma non c’erano indicazioni – ha denunciato -. La mettevano in piedi funzionari che non avevano competenza. Il mese di febbraio fu l’incubo. Ci dicevano che arrivavano 500 mila dosi di vaccini. Poche ore prima ci avvertivano che non sarebbero arrivate. Era tutto improvvisato. Con l’arrivo del generale Figliuolo, ha ricordato Bertolaso, si adottò un metodo, un criterio. “Arrivarono organizzazione e programmazione. Il lunedì mattina il generale mandava i compiti per la settimana, a ogni regione, con precisione chirurgica. Cerano una linea di comando e una di controllo riconosciute”. D’altronde, quando c’è un’emergenza “ci vogliono rapidità e chiarezza. Per come è andata, la campagna vaccinale in Italia è stata una delle migliori del mondo”. Giancarlo Cesana, professore di Igiene generale e applicata all’università Milano Bicocca ha posto l’accento sugli allarmi lanciati dai medici nei vari periodi storici. Una realtà ancora più amplificata oggi dalla presenza dei social media. Attenzione “a correggere i difettini che possono diventare disastrosi”. Comunque, ha concluso Cesana, “non si può dimenticare che l’85 per cento della popolazione è stata vaccinata e che ciò ha evitato 150 mila decessi”.