(da Rimini) La gloria degli uomini è “spesso penosa, artefatta, traditrice dell’umanità stessa per chi la esibisce e per chi la insegue”. Quella di Dio, invece, “è in chi ha visto il suo angolo del mondo raggiunto dalla preferenza che sceglieva proprio lui”. Lo ha detto il card. Matteo Maria Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei, celebrando questa mattina la Messa del Meeting di Rimini. Una gloria, quella di Dio, così diversa da quella degli uomini, che, ha aggiunto il cardinale a braccio, “scappa sempre: qualche volta pensi di acciuffarla ma scappa sempre” e, nell’antropologia digitale, “si nutre di follower e cura l’apparenza, spesso con grandi e vani sacrifici”. La gloria di Dio, invece, “è così umana: io la trovo umana – ha spiegato -: tanto che si rivela nella fragilità, non nella forza. È per tutti e non per qualche influencer impresario di sé stesso. E, sempre nell’antropologia digitale, è molto facile, poi non tutti ci riescono. È per gli altri e per questo anche di chi la trasmette”. Il card. Zuppi fa esempi concreti: “la troviamo nella gioia di un muto che spiega finalmente il mondo che ha nel cuore, un ragazzo che lo aiutiamo a capire, in un disabile che scopre quanto è abile e quanto un mondo di disabili forti che umiliano le vita; nelle lacrime asciugate di una donna che piangeva il figlio morto o nella speranza che si accende nel cuore di un peccatore raggiunto dalla luce dell’amore”. È in chi “ha visto il suo angolo del mondo raggiunto dalla preferenza che sceglieva proprio lui”. E, ha specificato “ogni riferimento in questo caso è voluto”.