“Siamo quasi a 6 mesi di guerra e più il conflitto procede, più gente muore, più civili soffrono, più risorse vengono sprecate e più infrastrutture vengono distrutte, maggiore è il desiderio di fermare l’avversario prevale, senza badare troppo al codice di guerra. Per questo, soprattutto l’Europa dovrebbe fare uno sforzo importante perché il conflitto finisca, mentre finora è prevalsa la tendenza di usare la guerra per indebolire la Russia”. Così il giornalista Fulvio Scaglione, per anni corrispondente da Mosca, commenta al Sir l’attuale fase della guerra tra Russia e Ucraina, ormai prossima a traguardare i 180 giorni dal suo inizio.
“Si sta giocando una ‘partita a scacchi’ sia al fronte sia nelle cancellerie e nelle ambasciate”, la convinzione del giornalista, secondo cui dal punto di vista diplomatico “c’è una sincera preoccupazione generale: dopo sei mesi di guerra nessuno pare intenzionato a mollare, c’è una continua escalation degli strumenti impiegati. Tutto diventa più mortale”. Quello che sta succedendo nella centrale nucleare di Zaporizhzhia, al centro l’altro giorno a Leopoli del trilaterale Zelensky-Erdogan-Guterres, “è emblematico”. “È, in effetti, una questione drammatica”, osserva il giornalista: “Le truppe russe sono all’interno della centrale che viene bombardata dagli ucraini: siamo di fronte a due follie”. “Anche la telefonata tra Macron e Putin testimonia che la preoccupazione è reale e molto diffusa. Ma oggi è inchiodata nel ‘cul de sac’ della strategia politica che vorrebbe il crollo della Russia, cosa che oggi non è all’orizzonte”, aggiunge Scaglione. “Se si prosegue sulla linea di usare questa guerra per ridimensionare la Russia e le sue ambizioni le cose possono solo peggiorare dal punto umano e anche economico”, evidenzia il giornalista, per il quale “ora che anche noi europei paghiamo le conseguenze del conflitto, il problema vero è capire quanto possiamo continuare con gli attuali prezzi di gas, benzina ed energia. Quanto possiamo resistere in queste condizioni? E gli assetti politici – conclude – quanto possono resistere di fronte a popolazioni che saranno inevitabilmente chiamate a fare grossi sacrifici?”.